17. Le strategie aziendali sul recupero delle prestazioni oncologiche “congelate” dal COVID. A un anno dall’inizio della pandemia come ci sta organizzando per recuperare prestazioni e interventi

a cura di R. Di Natale – Federsanità – Confederazione delle Federsanità Anci regionali; P. Varese – F.A.V.O.

Premessa

La pandemia ha comportato un drammatico contraccolpo nella gestione quotidiana delle malattie non trasmissibili ad alto impatto sulla popolazione.

Secondo i dati divulgati di Agenas, l’Agenzia sanitaria nazionale dei servizi sanitari, presentati in data 8.4.2021,  nei primi sei mesi del 2020, i ricoveri sono stati 3,1 milioni, contro i 4,3 dello stesso periodo dell’anno precedente. Il che significa che sono andati perduti 1 milione e duecentomila pazienti, il 28 per cento del totale.

Se si considera che nella statistica sono compresi anche i malati Covid, è agevole concludere che l’attività di cura destinata ad altre patologie si riduce ulteriormente.

In 9 mesi, da gennaio a settembre 2020, si sono perse 52 milioni di visite specialistiche e prestazioni strumentali: il 30 per cento del totale.

In oncologia, come denunciato dalle varie Società Scientifiche, AIOM in primis, il 2020 ha comportato un crollo di accesso alle prestazioni diagnostiche e agli screenings che condurranno nei prossimi anni ad un aumento della mortalità cancro correlata a causa di diagnosi tardive.

Come conseguenza di mancate diagnosi, nella prima parte del 2020, in Italia sono stati fatti il 22 per cento di interventi in meno per il cancro alla mammella, il 24 per cento in meno per quello della prostata e addirittura il 32 per cento in meno per quello al colon, del 13 per il retto e il polmone, del 21 per il melanoma e del 31 per la tiroide.

Tra gennaio e settembre 2020, lo screening della cervice uterina si è ridotto del 32 per cento rispetto allo stesso periodo del 2019, quello della mammella del 30 e quello del colon-retto del 34 per cento. Tale contrazione ha comportato, ad esempio, una mancata diagnosi di 1.168 casi di cancro e 6.667 adenomi avanzati in Italia.

Secondo la Federazione italiana Società malattie infettive dell’apparato digerente nel periodo 1gennaio – 31 ottobre 2020, in un confronto con il triennio 2017-2019, il numero di diagnosi perse si è ridotto del 15,9 per cento di cancro gastrico, 11,9 per cento del colon e 9,9 del pancreas.

Ma anche per i trattamenti chirurgici per quei pochi pazienti che sono riusciti a giungere a diagnosi e stadiazione, l’accesso alla sala operatoria non è facile.

Le sale operatorie in molti ospedali sono state riconvertite a sale di rianimazione con una disponibilità per gli interventi oscillante dal 45% (aprile 2020) al 79% (gennaio 2021) per cui pur essendo la chirurgia oncologica prioritaria, l’attività non ha mai potuto rispondere alle reali necessità, malgrado sia stata interrotta tutta la chirurgia di elezione. I chirurghi e gli anestesisti nella maggior parte degli ospedali sono stati inoltre impegnati nei reparti COVID con percentuali variabili tra 33% e 39%.

La creazione di posti letto per pazienti COVID spesso si è realizzata a scapito dei posti letto normalmente riservati agli altri pazienti con le altre patologie. Tutto questo in un paese dove i posti letto sono già nettamente inferiori rispetto alla media dei paesi OCSE: 3,2 nel nostro paese, 4,7 la media di tutti i paesi.

Il record è del Giappone che di posti letto per mille abitanti ne ha 13,1, seguito dalla Corea e da uno dei maggiori partner Ue, la Germania, con 8.

La diagnosi tardiva e il limitato accesso ai trattamenti si proietterà con un aumento dei costi nei prossimi anni con potenziali ricadute sulla aspettativa di vita della nostra popolazione.

L’indagine di Federsanità

Malgrado le difficoltà legata al perdurare della pandemia, anche quest’anno abbiamo voluto acquisire le informazioni da parte delle Aziende sanitarie sugli effetti che si sono prodotti in merito all’erogazione delle prestazioni oncologiche per confrontare la percezione rispetto ai dati rilevati e segnalati da AGENAS.

In particolare, abbiamo puntato ad acquisire un quadro sintetico delle iniziative intraprese dalle Aziende sanitarie per ridurre le liste d’attesa createsi a causa del blocco delle prestazioni nei mesi scorsi a causa del COVID.

Nel mese di marzo abbiamo inviato un breve questionario con sette domande ai direttori generali e sanitari delle Aziende sanitarie (ASL e Aziende Ospedaliere) e abbiamo chiesto che rispondessero concentrandosi sia sugli effetti legati alla riduzione delle prestazioni per evitare i contagi sia, soprattutto, sulle innovazioni “forzate” che sono intervenute e che potrebbero essere implementate nella routine anche quando la pandemia sarà passata. Situazione questa che, al momento, si intravvede in lontananza grazie all’arrivo e somministrazione dei vaccini ma che sembra ancora portare un carico di incertezze quotidiane.

I tempi stretti e la situazione emergenziale ci hanno restituito dieci questionari che, pur non essendo un gran numero, sono eterogenei nella struttura aziendale e nella provenienza geografica e danno un’idea di quello che, concretamente sta accadendo.

Le aziende sanitarie che hanno risposto sono:

ASL CN 2 – L’Azienda Sanitaria Locale CN2 gestisce i servizi sanitari sul territorio del comprensorio di Alba e Bra che comprende 76 comuni. Serve una popolazione che al 31/12/2020 è di 173.225 residenti.

ASL TO5 – Azienda sanitaria locale di Chieri, Carmagnola, Moncalieri e Nichelino.

Azienda Sanitaria Universitaria Giuliano Isontina-ASUGI FVG – Azienda Sanitaria Universitaria Integrata di Trieste

Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi – Firenze

Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana

Azienda USL Sud Est Toscana – Azienda Sanitaria Locale delle province di Arezzo, Grosseto e Siena

Azienda Ospedaliero-Universitaria S. Andrea – Roma

ASL Roma 1 – Roma

ASL Roma 6 –  zona Castelli (Frascati, Albano Laziale, Ciampino, Pomezia, Velletri, Anzio)

ASP Ragusa – Azienda Provinciale di Ragusa

Di seguito vengono sintetizzate le risposte fornite alle domande poste nel questionario.

  1. Fatto 100 il volume di prestazioni erogate a pazienti oncologici dalla Sua Azienda nel 2019, se e quante prestazioni/interventi chirurgici non sono stati effettuati?

Le risposte delle Aziende, in generale, riferiscono di una riduzione delle prestazioni con punte che vanno dal 10% al 28%, dove quelle ambulatoriali raggiungono le punte più alte per prestazioni ritardate e recuperate poi o in via di recupero. Per quanto riguarda le prestazioni chirurgiche invece, si tratta di numeri spesso contenuti o assenti perché tutte le Aziende hanno puntato a mantenere gli interventi chirurgici programmati.

A tale proposito è significativa una battuta del Direttore generale dell’Assessorato Salute della Regione Abruzzo, Caudio D’Amario, che in un articolo su Quotidiano sanità.it del 22 dicembre 2020[1] riferiva: “Nella nostra Regione, in cui sono arrivato circa sei mesi fa, abbiamo un piano di recupero di almeno il 40% delle attività ambulatoriali nel 2020 e di oltre il 50% della chirurgia oncologica programmata. Quindi, c’è stato un impatto devastante dal punto di vista dell’assistenza ospedaliera e ambulatoriale”. Tale dichiarazione fa presumere, rispetto ai dati descritti nei questionari, che la situazione relativa alle prestazioni non erogate è molto diversificata sul territorio.

È interessante notare la presenza di un filo rosso che nell’esposizione di questi dati – forniti con più o meno precisione – è rappresentato dal riferimento alla mobilità ridotta da parte dei pazienti che ha portato ad un movimento inverso nella perdita o acquisizione di prenotazioni. Infatti, mentre l’Azienda ospedaliera fiorentina imputa la riduzione delle prime visite (-14%) ad un contenimento delle richieste provenienti solitamente dal territorio, l’ASP siciliana rileva un aumento delle prestazioni erogate perché la limitazione a muoversi verso i grandi ospedali dell’Isola e delle altre Regioni ha innescato un meccanismo di ritorno verso i servizi dell’ospedale e del territorio di residenza (cambiamento facilitato anche dalla presenza di noti professionisti trasferitisi in loco).

  1. Quali prestazioni, in particolare, sono state:
  • Ridotte;
  • Annullate;
  • “dirottate” verso altre strutture?

A questa domanda le risposte sono abbastanza diversificate, anche in relazione alle diverse prestazioni.

In generale, le prestazioni chirurgiche urgenti e già programmate sono state eseguite se non nella struttura prevista – perché magari trasformata in struttura Covid – presso altra struttura dell’Azienda stessa; diversamente, per le prestazioni diagnostiche, alcuni hanno dovuto dirottare i pazienti verso IRCCS o strutture private. Per il follow up quasi tutte hanno avviato controlli in modalità di televisita.

Il sentimento generale di chi ha risposto ai questionari è quello che, seppure con qualche rallentamento sempre concordato con i pazienti, nessuno è stato abbandonato.

  1. Quali forme alternative/sostitutive di assistenza sono state messe in campo (es. televisita, assistenza domiciliare, ecc.) per evitare l’accesso dei pazienti oncologici presso le strutture sanitarie?

Tutte le Aziende hanno adottato la televisita, in alcuni casi il telecontrollo degli esami clinici e sempre un controllo telefonico anche come sostegno psicologico nel periodo del lock down.

  1. Come si pensa di smaltire l’eventuale ritardo nelle prestazioni?
  • Aumento dell’orario di apertura dei servizi
  • Assunzione altro personale ad hoc
  • Acquisto macchine ad hoc
  • Accordi con aziende sanitarie pubbliche, con case di cura private
  • Altro

Premesso che quasi tutti hanno dichiarato di star recuperando le prestazioni rallentate dal Covid durante il lockdown, in quattro casi si fa cenno all’aumento dell’orario dei servizi, in due all’assunzione di personale e in altri due all’acquisizione di prestazioni diagnostiche da privati per l’impiego esclusivo, all’interno dell’Azienda, di alcune macchine per i pazienti Covid.

  1. Quale forma di assistenza alternativa/innovativa potrebbe essere acquisita anche dopo la pandemia?

Queste le risposte fornite nei questionari:

  • TELEMEDICINA se ben organizzata per valutazioni multidisciplinari.
  • Telemedicina. Potenziamento/ ridefinizione dell’assistenza territoriale.
  • Alcune applicazioni di telemedicina con App interattive per esempio per monitoraggio di tossicità ed evitare accessi presso le strutture; per conferma di appuntamenti di terapia /visita, controllo esami ematochimici
  • Potrebbe essere mantenuto l’utilizzo della televisita per la gestione di alcune visite di follow up a medio e lungo termine.
  • Incrementare le attività di telemedicina e telemonitoraggio, gestione delle terapie farmacologiche innovative a domicilio.
  • Teleconsulti con MMG.
  • L’attuale fase epidemica ha richiesto un profondo cambiamento, anche da un punto di vista organizzativo, dell’offerta assistenziale per assicurare l’erogazione dei servizi in maniera appropriata e di qualità, garantendo la programmazione dell’intero percorso diagnostico-terapeutico dei pazienti con patologia neoplastica. Pertanto, sarà utilizzata, non appena disponibile, la piattaforma regionale di televisita, utilizzabile per la gestione delle visite di controllo e dei follow-up. (DCA 103 22-07-2020). Sarà valutata anche la possibilità, come da programma regionale, di attivare il teleconsulto, al fine di ottimizzare la presa in carico del paziente congiuntamente al territorio.
  • Triage telefonico: durante il periodo di sospensione delle attività, i pazienti, oncologici sono stati sottoposti a triage telefonico per valutare l’opportunità della visita in presenza e dove opportuno, per organizzare una valutazione telematica della documentazione clinica;
    teleconsulto: per facilitare la presa di decisioni circa la gestione dei pazienti;
    televisita: per quanto concerne questa modalità la ASL Roma 1 si sta organizzando per implementare, in forma più strutturata, l’utilizzo della televisita nel rispetto delle linee guida nazionali e regionali. In generale ogni attività assistenziale che può essere eseguita mediante l’utilizzo della telemedicina.
  • Televisite.
  • Consulto telemedicina per visite di controllo e piani terapeutici.

A giudicare dalle risposte sembra proprio che tutti si siano orientati verso l’utilizzo della telemedicina.

E, a questo punto, non più e non solo come attività di (eterna) sperimentazione nei confronti di situazioni disagiate ma come uno strumento quotidiano in più che consente un maggiore contatto e controllo del paziente a casa propria.

  1. Se e quali screening sono stati interrotti o ridotti? Come si pensa di recuperare?

Le risposte delle ASL mettono in evidenza un particolare ritardo nell’effettuazione degli screening, specie quelli di primo livello, che in alcuni casi per qualche mese sono stati annullati. Tuttavia, tutte le ASL hanno messo in atto un programma di recupero delle visite ritardate sostituendo all’invito scritto la chiamata telefonica per consentire l’ottimizzazione delle macchine e del personale impiegato negli screening.

In alcuni casi, quando le strutture continuano ad essere dedicate ai pazienti Covid, gli screening si effettuano presso altri reparti.

  1. Osservazioni su oncologia e COVID

Ci sembra utile riportare alcune delle osservazioni presenti nei questionari.

  • “Chirurgia: Si è riusciti a mantenere, con difficoltà notevole, l’attività chirurgica oncologica. Le importanti ricadute negative si avranno sull’attività chirurgica non oncologica, che è stata sostanzialmente sospesa, producendo liste di attesa dai tempi inaccettabili.”
  • Impatto psicologico: “l’isolamento legato al COVID, l’ansia rispetto al timore di ammalarsi; l’impossibilità di difendersi da un “nemico invisibile“ come il virus si sommano al vissuto di fragilità della neoplasia aumentando il distress.”
  • Rapporto medico paziente “fondamentale in ogni rapporto di cura, messo in crisi da mascherine distanze (mancanza di non verbale e da riduzione del contatto fisico). In generale credo che per l’Oncologia sia fondamentale parlare e visitare il paziente. Forme alternative di medicina penso siano applicabili per gestire aspetti tecnici ma che la relazione ed il contatto siano imprescindibili quale parte di cura del paziente.”
  • “Le attività indifferibili e oncologiche sono sempre state e sono tuttora garantite, anche attraverso l’individuazione di percorsi dedicati ai pazienti oncologici positivi al tampone rinofaringeo per Sars-CoV-2 che necessitano di effettuare trattamenti chemioterapici/radioterapici o prestazioni ambulatoriali non rinviabili. Nel complesso la nostra Azienda si è impegnata a mantenere inalterati i percorsi oncologici durante la pandemia, garantendo sia la presa in carico dei pazienti con nuova diagnosi oncologica che l’erogazione dei trattamenti e delle visite di controllo dei pazienti già in carico, anche attraverso modalità di visita a distanza che ha permesso una riduzione degli accessi alla struttura ospedaliera.”
  • “La pandemia ha permesso alle aziende di concentrarsi sulle linee oncologiche acquisendo nuove informazioni e riflessioni sulle modalità di gestione dei percorsi e sui tempi di presa in carico. Sicuramente l’evento pandemico ha fornito nella sua complessità nuove opportunità che le aziende del SSN dovranno utilizzare per migliorare la propria organizzazione.”
  • “La pandemia da COVID-19 ha penalizzato molto i pazienti oncologici per vari aspetti tra i quali:
  • ritardi diagnostici e quindi terapeutici tra 3 e 6 mesi;
  • difficoltà al colloquio dei medici con parenti e caregivers;

Peraltro, la pandemia ha permesso di sviluppare progetti innovativi di sviluppo delle attività di assistenza oncologica tra i quali:

  • Follow-up non specialistico da parte dei MMG.
  • Attività del DH Oncologia sulle 12 ore.
  • Sviluppo del Teleconsulto con MMG per filtrare l’accesso alle Visite oncologiche.”
  • “Le limitazioni legate al cambiamento dei protocolli d’accesso alle strutture sanitarie e di trattamento (televisite, controlli telefonici ed invio documentazione clinica via fax) ma soprattutto il timore del contagio da parte dei pazienti nell’accedere alle strutture sanitarie hanno comportato un ritardo nelle diagnosi con conseguente riscontro di neoplasie in fase più avanzata.”
  • “La pandemia da Covid 19 ha ridotto in maniera drastica l’emigrazione sanitaria sia interregionale che intraregionale. Le strutture territoriali sono state messe quindi sotto pressione ad hanno retto con notevole difficoltà. Infatti, l’incremento della richiesta assistenziale è stata fronteggiata senza un sostanziale incremento delle risorse sia in termini di medici che di personale sanitario. Ciò ha messo a dura prova la tenuta del sistema e rende indispensabili interventi strutturali e consistenti per far fronte all’evoluzione della pandemia.”

Conclusioni

Una delle domande più frequenti in questi mesi nei numerosi webinar a cui ci siamo abituati ad assistere è “Cosa abbiamo imparato da questa pandemia?”

A partire dalle risposte fornite dalle poche ma rappresentative Aziende sanitarie, si può provare a trovare qualche spunto di riflessione e stimolo:

  • La telemedicina e l’utilizzo di applicazioni con gli smartphone sono una esigenza e una opportunità

emersa durante la pandemia, ma dobbiamo partire dalla consapevolezza che, in base ai dati OCSE Skills Outlook 2019, a seconda delle zone e delle fasce di età, in Italia l’alfabetizzazione informatica adeguata appartiene solo al 36.6% della popolazione verso un 58.3% della media OCSE. L’enfasi attribuita alla telemedicina, pertanto, scotomizza una parte rilevante di possibili pazienti che, potenzialmente, sono quelli che maggiormente richiedono una adeguata presa in carico (anziani, persone in disagio socio-economico-sanitario).

  • le innovazioni tecnologiche necessitano di un contesto organizzativo strutturato con tecnologie adeguate a fronte di realtà ospedaliere e territoriali caratterizzate da una vetustà delle attrezzature nella maggior parte delle strutture sanitarie se non addirittura di una totale loro assenza come avviene sul territorio
  • la tecnologia comunque non sostituisce il rapporto di cura individuale sanitario- paziente.
  • i ritardi cumulati lo scorso anno rischiano di creare situazioni non più recuperabili sia per i pazienti  oncologici che per altri se non vengono affrontati con interventi strutturali e di ampio respiro
  • è necessario una organizzazione che tuteli soggetti fragili ma che al tempo stesso garantisca continuità delle azioni di prevenzione sul territorio, tutt’altro che marginali.
  • interrompere gli screenings ha un costo sociale ed economico le cui ricadute saranno a medio e lungo periodo.
  • limitare la mobilità extraregionale dei pazienti può avere effetti tragici in termini di mancato accesso alle cure ma, a volte, può “ri-avvicinare” le cure alla residenza, di cui magari i pazienti stessi non conoscevano le potenzialità, ma questo si deve tradurre in un aumento delle risorse umane per garantire sostenibilità e adeguatezza nella risposta sanitaria.
  • i Medici di Medicina Generale, nelle prospettive delle Aziende intervistate, sembrano assenti dalle dinamiche pandemiche (solo un questionario cita i MMG e il rapporto con loro), riscontro che conferma la rilevante impostazione Ospedale -centrica, a fronte di una malattia che invece avrebbe potuto e dovuto essere giocata sul territorio.
  • in una sanità avanzata e tecnologica è tornato prepotente e ineludibile il tema della sanità pubblica.
  • il sistema ha retto perché ci sono operatori sul territorio e in Ospedale si sono messi in gioco in prima persona, a prescindere da ruoli e indicazioni organizzative

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13° Rapporto - Capitolo 17

Le strategie aziendali sul recupero delle prestazioni oncologiche “congelate” dal COVID. A un anno dall’inizio della pandemia come ci sta organizzando per recuperare prestazioni e interventi