La “pandemia” oncologica

di M. Piccioni – F.A.V.O.

Abstract del capitolo:

Il termine usato per il titolo di queste personali riflessioni credo renda bene l’importanza oggi delle malattie neoplastiche: dal greco “di tutto un popolo”. Indipendentemente dall’agente eziologico la patologia oncologica per la sua diffusione costituisce sicuramente l’emergenza con cui il Legislatore, gli scienziati, gli economisti sono chiamati a porre in essere tutti gli strumenti per limitarne l’insorgenza. Nessuno può sentirsi escluso e qualsiasi persona deve essere considerato un potenziale malato oncologico: questo ci dicono i numeri.

Siamo vicini alle 400.000 nuove diagnosi di cancro ogni anno e si stima che annualmente siano poco meno di 200.000 i decessi (Dati Covid-19 cumulati -2 anni-: decessi 160.000 circa): è oggi la prima causa di morte e di disabilità. La recente pubblicazione sulla ereditarietà di alcuni tumori pone il tema in modo ancora più complesso.

Molto si è fatto in questi ultimi anni grazie alla ricerca e quindi alla diagnosi e cura dei pazienti ma molto c’è da fare soprattutto nel campo della riabilitazione oncologica non solo fisica, ma soprattutto psicologica, nutrizionale, sessuale dei sopravvissuti e dei guariti, nonché sociale, volta cioè alla tutela dei diritti.

Con riferimento alla tema della riabilitazione oncologica, è scientificamente dimostrato come i soggetti guariti abbiamo necessità di un recupero funzionale, una volta risolto il quadro anatomo-patologico: spesso proprio su questo si accumulano i maggiori ritardi.

Programmi di riabilitazione oncologica personalizzati e finalizzati al ripristino di una funzione secondariamente compromessa possono favorire la ripresa di una soddisfacente qualità della vita, un reinserimento sociale e lavorativo adeguato che eviti il rischio della emarginazione e dell’isolamento sociale e nel contempo allontani il tempo della disabilità: quante risorse finanziarie potrebbero essere risparmiate, quante pensioni potrebbero essere evitate, favorendo il ritorno alla normalità e il “diritto all’oblio”.

Esistono purtroppo ancora oggi strumenti inappropriati di intervento in questo campo che prevedono l’impegno di risorse finanziarie pubbliche per patologie quali quelle reumoartropatiche e broncopneumopatiche croniche: ciò poteva essere assolutamente corretto cento anni fa ma non certo oggi secondo una scala epidemiologica delle priorità.

Si potrebbero fare tanti esempi di come riabilitare i pazienti che hanno superato il cancro, a seconda delle problematiche individuali e deve essere rapidamente superato qualsiasi ritardo che ne differisca l’urgente attuazione. Sarebbe naturale che la prima risposta alle legittime aspettative dei malati di cancro in termini di riabilitazione oncologica arrivasse dal suo inserimento nei Livelli Essenziali di Assistenza (Lea).

Come non ricordare, tra l’altro, oltre al dato riferito al recupero dell’integrità fisica, l’esigenza di un programma, anche esso individuale, che sia finalizzato a prendersi cura della sfera psichica: la psico-oncologia costituisce un presidio insostituibile che aiuta gli ex-malati di cancro a ritornare allo stato antecedente alla diagnosi e spesso con una qualità della vita migliore.

Anche in tale ambito, qualsiasi investimento di risorse economiche avrà come risultato, in primis, la tutela della persona, non solo come individuo, ma come risorsa per la collettività e contestualmente produrrà quei risparmi indispensabili sulla spesa assistenziale, semplicemente attraverso una più appropriata distribuzione dell’impegno economico pubblico a favore del bene salute piuttosto che della disabilità: riallocare le risorse date dovrebbe costituire un obiettivo prioritario anche per renderle disponibili secondo una scala di priorità a cui corrisponde  una maggior tutela ai maggiori bisogni.

Da qui il passo è breve per introdurre il tema della tutela dei diritti.

Questo costituisce l’aspetto centrale della presente riflessione, partendo da una valutazione insufficiente dell’attuale quadro normativo di riferimento a cui la Legge n. 222 del 22.12.21 risponde in modo appropriato in un nuovo possibile positivo contesto da cui poi i successivi decreti legislativi dovranno coerentemente e concretamente dare le risposte attese per una profonda revisione della tutela della disabilità.

L’attuale vigente normativa non solo perché datata nel tempo ma soprattutto per la sua inadeguatezza a rispondere agli stati di bisogno non può che essere totalmente superata si pensi solo alla frammentazione degli interventi, alla mancanza di uniformità delle tutele e soprattutto alle deviazioni delle prestazioni che non sono correlate a differenti stati di bisogno o ancor peggio differenziano identici stati di bisogno con prestazioni incoerenti.

La Medicina Legale non può che svolgere una consapevole autocritica ma può addurre come giustificazione all’errore l’assenza di un obiettivo chiaro di tutela e la mancanza di strumenti normativi adeguati.

Ben venga di conseguenza una profonda rivoluzione! Il quadro di riferimento tracciato dalla Legge deve essere un’occasione da non perdere.

Ciò però presuppone scelte attuative coerenti e rivoluzionarie in cui deve essere prioritaria la tutela della persona, del malato e no della malattia.

Questo è il punto di partenza: spostare la valutazione dalla malattia al malato, alle condizioni personali attraverso la predisposizione di risposte ai bisogni del singolo individuo nell’ottica di tutelare la persona che vive nella sua famiglia, nel suo territorio, nella disponibilità di servizi e sostegni e soprattutto con la sua storia di vita.

Non è questa la sede per affrontare il quadro complessivo in costruzione ma certamente la disabilità oncologica, per quanto precedentemente espresso, non può che indurre ad alcune considerazioni preliminari.

La tutela dei pazienti a cui è stato diagnosticata una patologia neoplastica costituisce dal punto scientifico e sociale una peculiarità che merita un approfondimento particolare.

Una volta superato l’attuale riferimento tabellare e le correlate tutele occorre guardare a nuovi orizzonti di prestazioni e sostegni che distinguano le differenti forme neoplastiche nel singolo paziente, la risposta personalizzata alle terapie ma partendo da un approccio unico al momento della diagnosi che per la imprevedibilità del decorso e della risposta individuale alla malattia impongono una prima risposta unica e tempestiva i cui contenuti non possono che essere omogenei.

Più semplicemente al momento dell’esordio non possono che essere previste tutele temporali che vadano di pari passo all’evoluzione clinica in termini di intensità e concentrazione delle prestazioni che correlino il sostegno alla presa di coscienza di una malattia dal decorso incerto tale da determinare gravi conseguenze sul singolo, sulla sua famiglia e sul ruolo sociale che ne deriva.

Proprio l’incertezza della futura storia clinica impone l’esclusione di interferenze di fattori quali l’età al momento della diagnosi, la forma neoplastica rilevata, l’attività lavorativa svolta, le condizioni socio-economiche personali o familiari, il contesto territoriale di vita e il livello culturale: tutti i pazienti al momento della diagnosi sono uguali e per essi non possono che essere previste forme di tutela indistinte seppur a termine per alcuni e permanenti nel tempo per altri.

La guarigione clinica non costituisce il limite temporale come dimostrato dalla scienza per essere considerati dimessi dal quadro di tutele che seppur parzialmente dovrà essere mantenuto con gradualità, in relazione alla storia individuale del proprio rapporto con la malattia seppur pregressa, alle possibili recidive o riprese della malattia originaria o alla comparsa di nuove primitività.

Ai fini semplificativi è possibile prevedere almeno due forme di tutela: una iniziale a tempo massimale e una successiva graduale nel tempo e nella tipologia.

Certamente dovrà essere distinto un contesto di totale autosufficienza da una parziale non autosufficienza fino alla totale dipendenza per la mancanza totale di autosufficienza: tre gradi progressivi di gravità che correlano correttamente con la storia dei pazienti oncologici.

Su questi possibili riferimenti occorre costruire gli strumenti concreti a cui ricorrere nelle diverse stadiazioni soprattutto favorendo il reinserimento lavorativo e sociale e attraverso la riabilitazione tornare alla vita normale per coloro che sono definiti come “guariti per sempre”: rispetto a questo, almeno sia ammesso il ragionevole dubbio così come avviene nelle malattie croniche non escludendo che ci siano possibili riprese, recidive, e nuove insorgenze secondo un denominatore genetico comune in cui solo la storia futura può chiarire in maniera definitiva.

Resti sempre l’attenzione nel follow-up e nel vivere la propria malattia seppur di più o meno lontana insorgenza.

Da queste sintetiche considerazioni forse non sarebbe da escludere una legislazione speciale per la disabilità oncologica per diversi ordini di motivi: diffusione della patologia, incertezza della prognosi all’esordio, durata indefinita e non prevedibile nel tempo, diverso grado di compromissione della qualità della vita, divaricazione frequente tra il dato anatomo-patologico, funzionale e psichico e relativi costi sociali ed economici diretti e indiretti.

In via secondaria ridefinire i percorsi di tutela specifici sia dando priorità all’accesso alle cure e alle opportunità preferenziali per l’inserimento lavorativo e nell’ambito delle prestazioni assistenziali garantire un’omogeneità temporanea iniziale e una differenziazione graduale nel tempo secondo un programma individuale favorendo l’inclusione sociale e non l’emarginazione dal contesto sociale e occupazionale.

In conclusione le presenti considerazioni hanno solo l’obiettivo di porre degli interrogativi da affidare alle Associazioni di Volontariato, alle Associazioni di Categoria e soprattutto alle volontà del Legislatore ma in primis ai veri protagonisti, a coloro che vivono la propria malattia con coraggio e dignità: a Loro è dedicata la presente riflessione per coniugare la disabilità al rispetto di valori etici imprescindibili in cui la tutela dei diritti e della dignità della persona esigono dallo Stato risposte eque e appropriate.

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14° Rapporto - Introduzione M. Piccioni

La “pandemia” oncologica