L’impegno della F.A.V.O. durante l’emergenza sanitaria

di F. De Lorenzo – F.A.V.O.

Un progetto per il Servizio Sanitario Nazionale

La drammatica esperienza della pandemia, non ancora del tutto alle nostre spalle, ha confermato l’importanza di garantire il pieno funzionamento del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), tuttavia portandone allo scoperto rilevanti deficit strutturali. Durante le settimane più difficili dell’emergenza è apparso chiaro che il livello di disuguaglianza territoriale raggiunto richiede ormai interventi correttivi immediati, e che l’orizzonte dell’integrazione sociosanitaria è ancora molto lontano. Il SSN ha bisogno quindi di una visione e di un nuovo progetto anche, nell’ottica di recuperare la sua fondamentale funzione di strumento della coesione sociale.

In questo quadro, l’adozione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), che definisce le riforme e gli investimenti ammissibili al finanziamento nell’ambito del programma Next Generation EU, è stata accolta come l’ultima concreta opportunità per rilanciare il SSN, e nell’intervento straordinario dell’UE è stato riposto un ottimismo, tanto inesauribile, quanto superficiale.

La Missione 6 prevede investimenti per la sanità per 15,63 miliardi di euro, pari all’8,63% dell’importo totale del PNRR. Si tratta senza dubbio di un contributo rilevante. Sorprende, tuttavia, che il PNRR, tra le riforme orientate “a migliorare le condizioni regolatorie e ordinamentali di contesto e a incrementare stabilmente l’equità, l’efficienza e la competitività del Paese” (PNRR, p. 43) non preveda alcun intervento significativo per il settore sanitario: non vi è traccia né di un programma di riforma, né di modiche regolatorie più settoriali, di fatto confermando che alla sanità, già da tempo, non è riconosciuto un elevato valore strategico per la competitività del sistema.

Due sembrano quindi i principali banchi di prova per il PNRR e per i responsabili della sua attuazione: innanzitutto, il rispetto delle scadenze per la realizzazione dei progetti non appare affatto scontato. L’orizzonte temporale per il raggiungimento dei diversi obiettivi, infatti, non sembra compatibile con l’ordinaria durata dei processi deliberativi della pubblica amministrazione in generale, e di un sistema complesso come la sanità pubblica in particolare. In secondo luogo, è urgente definire una visione condivisa per il SSN del futuro da parte di tutti gli attori del sistema, che possa correggere una logica di investimento che mette a rischio l’efficacia del PNRR per la sanità. I finanziamenti, infatti, sono destinati principalmente alla costruzione di nuove strutture e all’ammodernamento della dotazione tecnologica complessiva, tuttavia senza una visione progettuale per l’innovazione di modelli e processi di funzionamento del SSN. Il rilancio della sanità, in proiezione, appare pertanto parziale o, nella peggiore delle ipotesi, irraggiungibile.

L’oncologia come laboratorio per il SSN: indicazioni dall’Europa

In ragione dei numeri del cancro e delle specificità della malattia, l’oncologia ben può rappresentare un vero e proprio laboratorio di politiche per un sistema “in cerca di visione”. Un quarto dei casi di cancro diagnosticati a livello globale sono a carico della popolazione europea, che tuttavia rappresenta solo il 10% di quella mondiale. Entro il 2035, il numero di vite perse a causa delle patologie neoplastiche aumenterà di oltre il 24%, facendo del cancro la prima causa di morte nell’Unione. L’impatto economico della malattia in Europa è stimato in cento miliardi di euro annui1.

In Italia, in particolare, ogni giorno sono diagnosticati più di mille nuovi casi di tumore; 3.600.000 persone, pari al 5,7% della popolazione, vivono dopo una diagnosi di cancro. Di queste, 900.000 possono considerarsi guarite, con più o meno disabilità, e il loro numero è destinato ad aumentare2.

In risposta all’“emergenza cancro” l’Unione Europea si è dotata di un innovativo Piano oncologico, quale strumento di politica sanitaria finalizzato a far fronte all’intero decorso della malattia.

Il Piano europeo di lotta contro il cancro, approvato il 3 febbraio 2021, è articolato in dieci “iniziative faro” e molteplici azioni di sostegno. Per ognuna di esse, sono individuati le risorse a disposizione, gli obiettivi e i tempi entro essi devono essere raggiunti: sul fronte della prevenzione, ad esempio, il Piano prevede la vaccinazione HPV di almeno il 90% della popolazione bersaglio di ragazze nell’UE e un aumento rilevante della copertura vaccinale dei ragazzi entro il 2030; con particolare riferimento all’individuazione precoce del cancro, è quindi proposto un nuovo programma di screening dei tumori sostenuto dall’UE per aiutare gli Stati membri a garantire che il 90% della popolazione che presenti i requisiti per lo screening del carcinoma della mammella, della cervice uterina e del colon-retto abbia la possibilità di sottoporvisi entro il 2025.

Il Piano europeo, inoltre, individua le riforme regolatorie necessarie al completamento di ogni iniziativa. Tra le più significative e trasversali, rientrano sicuramente quelle volte a ridurre i tempi di attesa per l’accesso ai farmaci innovativi, ampliando al contempo, la platea di beneficiari, anche attraverso la revisione della Direttiva dell’EMA.

L’impegno dell’Unione europea è completato con l’istituzione della Mission on Cancer, nel contesto dell’ambizioso programma quadro per la ricerca e innovazione “Horizon Europe”, con l’obiettivo di aumentare la prevenzione, di migliorare il trattamento, di salvare più vite umane e di aumentare la qualità della vita dei pazienti e delle loro famiglie durante e dopo il cancro. In un arco di tempo di dieci anni, il risultato atteso è salvare ben tre milioni di vite umane.

Alla base del rilevante impegno dell’Unione europea vi è la chiara consapevolezza che la malattia neoplastica determina un fabbisogno di assistenza multidisciplinare e multidimensionale, con significative implicazioni sul piano familiare e sociale, che si proiettano anche dopo la guarigione. Le soluzioni elaborate nell’ambito della lotta al cancro possono pertanto costituire modelli di risposta a tutte le principali sfide che il SSN è chiamato ad affrontare: invecchiamento della popolazione, cronicità, non autosufficienza, accesso alle nuove terapie e alle nuove tecnologie, sostenibilità finanziaria dell’innovazione, garanzia di una riabilitazione clinica e sociale.

A livello nazionale sarà di fondamentale importanza recepire innanzitutto il metodo per la definizione delle politiche sanitarie adottato dall’Unione europea, superando l’approccio statico e settoriale che ha finora contraddistinto gli interventi in ambito oncologico.

Guidare e sostenere l’attuazione del PNRR in sanità

All’individuazione di linee di investimento per la sanità, non corrisponde nel contesto della Missione 6, e più in generale nel PNRR, un sistema di governance ad hoc che abbia la responsabilità di realizzare le diverse progettualità in esse comprese.

Eppure, proprio il settore sanitario presenta alcuni elementi di complessità che avrebbero richiesto l’adozione di soluzioni specifiche. Innanzitutto, l’assetto regionalista non è privo di contraddizioni e di nodi irrisolti. Nei rispettivi Servizi sanitari le Regioni esercitano ruoli e influenze molto diversi, così come diversi si presentano i relativi assetti istituzionali. La variabilità istituzionale e i diversi livelli di efficienza raggiunti di certo non saranno neutri rispetto al raggiungimento degli obiettivi del PNRR. Inoltre, tempistiche e procedure di funzionamento del “sistema delle Conferenze”, strumento principale per la collaborazione istituzionale tra Stato e Regioni e per l’assunzione di decisioni condivise tra livelli di governo, non sono compatibili con il rispetto delle scadenze imposte dall’Unione Europea quale condizione per l’assegnazione delle risorse.

La frammentazione delle fonti del diritto sanitario e la pluralità di soggetti che quel diritto producono, completano il quadro di complessità che mette a rischio l’attuazione del Piano e, di conseguenza, il raggiungimento dell’obiettivo duplice della ripresa e della resilienza del SSN.

Alla luce del quadro delineato, l’attuazione del PNRR in sanità e la responsabilità del relativo monitoraggio devono essere affidati a un Nucleo Operativo nell’ambito della Cabina di regia già istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, partecipato dai rappresentanti di tutti soggetti attuatori. Non si ritiene, infatti, sufficiente per tali finalità la costituzione dell’Unità di Missione per il PNRR presso il Ministero della Salute. Tale soluzione, comune a tutti i settori interessati dagli investimenti del Piano, rischia di identificarsi con un livello di burocrazia aggiuntivo, privo degli strumenti per incidere in modo determinante sul rispetto delle tempistiche, e sul coordinamento delle attività.

La governance per l’attuazione del PNRR in ambito sanitario dovrebbe in particolare: i) garantire l’armonizzazione delle singole progettualità con gli indirizzi di programmazione, europea e nazionale; ii) distribuire di conseguenza le responsabilità della realizzazione dei progetti tra i diversi attori istituzionali e i livelli di governo coinvolti; iii) predisporre un sistema di indicatori e scadenze ad hoc per il controllo dell’avanzamento dei progetti, compatibili con il piano operativo imposto dall’UE; iv) monitorare il raggiungimento di obiettivi nazionali e regionali, tra loro coordinati; v) promuovere l’attivazione dei poteri sostitutivi, peraltro previsti dal decreto che definisce la Governance del PNRR (d.l. 31 maggio 2021, n. 77).

Il Piano Oncologico Nazionale: una priorità per tutto il SSN

In ragione della rilevanza economica e sociale del cancro, l’adozione del nuovo Piano Oncologico Nazionale (PON) rappresenta una priorità per l’intero sistema, anche in considerazione di quanto viene richiesto agli Stati Membri dal Piano europeo di lotta contro il cancro. Ciononostante, le attività per la redazione del piano sono ancora del tutto bloccate, contrariamente agli impegni assunti dal Governo. Il grave ritardo nell’adozione di un nuovo Piano Oncologico Nazionale sta privando il Paese dello strumento fondamentale e irrinunciabile per contrastare l’emergenza oncologica che seguirà la pandemia: il numero dei morti a causa del cancro, infatti, tornerà a salire a causa dei ritardi negli screening e nell’attività chirurgica, accumulati a causa del cancro. Eppure, il raggiungimento degli obiettivi fissati a livello europeo, che il PON dovrà recepire e adattare al contesto nazionale, è strettamente legato alla realizzazione dei progetti del PNRR: molte delle azioni in esso previste, infatti, interessano prioritariamente l’oncologia. Si pensi, ad esempio, all’obiettivo della transizione digitale, al suo impatto positivo sulla gestione della cronicità e sullo sviluppo della domiciliarizzazione delle cure. Nonostante i nessi evidenti con la cura e l’assistenza in favore dei malati di cancro, non vi è ancora alcuna indicazione dell’ammontare delle risorse da destinare specificamente alla digitalizzazione dell’oncologia. Si pone così, con grande evidenza, un problema molto rilevante di collegamento e integrazione tra tre atti di pianificazione (Piano europeo di lotta contro il cancro, Piano Oncologico Nazionale (in fase di definizione) e Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza). Ad assetto invariato, l’emergenza oncologica resterà ancora priva di una adeguata e concreta risposta, perdendosi quindi l’occasione del sostegno europeo per affrontare finalmente il cancro con un approccio innovativo. L’oncologia rischia infatti di restare esclusa da qualsivoglia linea di investimento strategica, in modo del tutto incoerente rispetto all’impatto complessivo della malattia sull’intero sistema.

Anche l’analisi degli investimenti sull’assistenza territoriale conferma tale conclusione. La Componente della Missione 6 (Reti di prossimità, strutture e telemedicina per l’assistenza sanitaria territoriale) persegue l’obiettivo di rafforzare le prestazioni erogate sul territorio grazie al potenziamento e alla creazione di strutture e presidi territoriali (come le Case della Comunità e gli Ospedali di Comunità), alla promozione dell’assistenza domiciliare, allo sviluppo della telemedicina e a una più efficace integrazione con tutti i servizi sociosanitari. A fronte di un rilevante investimento in strutture, la Missione 6 non considera tuttavia i nessi funzionali e i collegamenti tra esse e gli altri servizi già attivi, né individua uno stanziamento per il personale necessario al loro funzionamento. Il rischio di aver creato strutture senza l’indicazione di modelli e di interazioni per il corretto funzionamento è pertanto elevato.

È possibile integrare le nuove strutture nella “rete per patologia” quale modello organizzativo che «assicura la presa in carico del paziente mettendo in relazione, con modalità formalizzate e coordinate, professionisti, strutture e servizi che erogano interventi sanitari e sociosanitari di tipologia e livelli diversi nel rispetto della continuità assistenziale e dell’appropriatezza clinica e organizzativa» e che […] «individua i nodi e le relative connessioni definendone le regole di funzionamento, il sistema di monitoraggio, i requisiti di qualità e sicurezza dei processi e dei percorsi di cura, di qualificazione dei professionisti e le modalità di coinvolgimento dei cittadini»3.

Il modello, già oggetto di regolazione a livello nazionale, deve quindi essere promosso e sostenuto, anche finanziariamente, a partire dalle reti oncologica, neurologica e cardiologica, nonché disciplinato da adeguati provvedimenti regionali conformi agli indirizzi nazionali. A fronte della riconosciuta efficacia del modello, soprattutto in oncologia, non è chiaramente individuata una quota di finanziamento da destinare alla promozione e al sostegno delle reti, quanto meno di quelle principali. F.A.V.O., membro permanente dell’Osservatorio per il Monitoraggio delle Reti Oncologiche Regionali istituito presso Agenas, sostiene da tempo l’attivazione della “rete per patologia” ritenuta l’unica soluzione organizzativa per la presa in carico del malato di cancro e, più in generale, per la gestione multidimensionale e multiprofessionale della cronicità. Dal 2019, Agenas non ha ancora fornito indicazioni chiare sulla governance delle reti, di fatto rallentandone l’istituzione o il pieno funzionamento. La centralità del modello dovrà pertanto emergere con estrema chiarezza nel nuovo Piano Oncologico Nazionale, di cui anzi dovrà essere il perno. A tal proposito, ancora una volta F.A.V.O., alla luce delle esperienze acquisite negli anni e della partecipazione diretta ai tavoli istituzionali, in rappresentanza del volontariato oncologico, si è assunta la responsabilità di fornire, attraverso il capitolo 1: “Il Piano Straordinario di recupero per l’Oncologia post-pandemia e il nuovo Piano Oncologico Italiano” soluzioni concrete e coerenti con quanto previsto dalla Mission on Cancer, dal Piano europeo di lotta contro il cancro e dal PNRR.

Conclusioni: può bastare il PNRR?

L’ottimismo quasi unanime per il PNRR e per le risorse destinate alla sanità deve quindi fare i conti con un errore di fondo nella costruzione del Piano.

Il finanziamento per l’ammodernamento delle strutture ospedaliere, ad esempio, non può considerarsi adeguato all’effettivo fabbisogno. La previsione di spesa per la sicurezza sismica e la dotazione tecnologica, non può, infatti, compensare la generalizzata obsolescenza dell’edilizia ospedaliera nazionale.

Una riflessione deve essere inoltre riservata alla questione cruciale del personale. È ormai acclarato che, senza un investimento rilevante sulle risorse umane (reclutamento, formazione, politiche retributive), non potrà esservi alcun reale rinnovamento del SSN. La tendenza sembra però essere rimasta invariata: anche nel PNRR gli investimenti in strutture assorbono, direttamente o indirettamente, gran parte dei fondi a disposizione.

Più in generale, non si scorge all’orizzonte alcun tentativo di pianificazione di lungo periodo delle risorse per il SSN: se ne potrebbe dedurre che i finanziamenti per la sanità sono ritenuti, nel complesso, sufficienti, anche nella prospettiva di stabilizzare gli esiti dei progetti straordinari in procinto di essere avviati. È quanto meno lecito invece dubitarne, in assenza di un approfondito confronto sui “numeri” e sui “bilanci” alla base della definizione di scenari attendibili. Non vi è, infatti, alcuna certezza che il programma di investimenti previsto dal PNRR potrà coprire il fabbisogno di risorse dopo che saranno andate a pieno regime le principali innovazioni. All’orizzonte, si profila inoltre il rischio di farsi trovare impreparati in occasioni di nuove epidemie, uno scenario possibile secondo molti esperti.

Deve allora essere di nuovo valutata la possibilità di ricorrere al MES quale ulteriore strumento per finanziare la sanità, nella speranza che, vivendo un momento storico così diverso nelle relazioni con l’Europa, le spaccature che si sono registrate sul tema nel recente passato e il clamore nato intorno ad esse siano ormai percepite come un lontano ricordo.

Note

1. ^ V. COM(2020) 44, Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo e al Consiglio, Piano europeo di lotta contro il cancro, 3 febbraio 2021, p. 2

2. ^ V. AIOM, AIURTUM, SIAPEC-IAP, I numeri del cancro in Italia 2020, 2020

3. ^ V. Linee Guida per la Revisione delle Reti cliniche, adottate con Accordo Stato-Regioni del 24 gennaio 2018, in attuazione del punto 8 del Decreto del Ministro della Salute del 70/2015

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14° Rapporto - Introduzione F. De Lorenzo

L’impegno della F.A.V.O. durante l’emergenza sanitaria