7. I PDTA nell’era post COVID

a cura di P. Varese – F.A.V.O., R. Di Natale – Federsanità-Confederazione Federsanità Anci regionali, A. Ghirardini – Osservatorio di monitoraggio delle Reti Oncologiche Regionali, AGENAS, O. Bertetto – Dipartimento di Rete oncologica Piemonte e Valle d’Aosta, G. Numico – S.C. Oncologia Azienda Ospedaliera S.Croce e Carle, Cuneo

Introduzione

Il testo che segue era stato pensato alla fine del 2019, nel corso della riunione di programmazione del 12° Rapporto ed aveva lo scopo di fare il punto sulla stesura, diffusione, applicazione, distribuzione dei PDTA in ambito oncologico.

Ogni attività di carattere sanitario è stata travolta e stravolta dall’arrivo del COVID-19. Il Servizio Sanitario Nazionale ha subìto uno tzunami che ha modificato ogni attività svolta fino a quel momento. Tutte le energie e le risorse umane e organizzative sono state impiegate per soccorrere i pazienti affetti da COVID 19 e contenere il contagio.

In questa totale rivoluzione delle attività routinarie della sanità italiana molte prestazioni non urgenti sono state rinviate.

La fase 2 di ripartenza delle attività sanitarie programmate e programmabili è ancora, a fine estate, condizionata da molteplici difficoltà e ritardi attuativi.

Garantire percorsi separati, il distanziamento sociale, le zone “grigie” nei reparti, l’esecuzione di tamponi prima di accessi a procedure diagnostico-terapeutiche invasive o in degenza ordinaria, la continuità assistenziale richiede uno sforzo organizzativo molto impegnativo per la maggior parte delle realtà ospedaliere e territoriali.

D’altra parte, gli stessi pazienti hanno cambiato attitudini e aspettative nei confronti del SSN e della loro stessa salute, con manifestazioni opposte: rinuncia alla cura per la paura dell’infezione, ricorso inappropriato alle strutture ospedaliere per “recuperare il tempo trascorso”o essere semplicemente rassicurati in caso di sintomi. In entrambi i casi i servizi, e di conseguenza la loro offerta di qualità, rischiano di andare in sofferenza: ritardo di diagnosi e aumento dei conflitti ne sono la diretta conseguenza.

Nelle varie Regioni e Aziende sanitarie sono state avanzate varie proposte per il recupero delle liste di attesa delle prestazioni: dalla libera professione interna, ai contratti libero professionali.

Tutto questo, per quanto utile, aumenta la disparità e la disomogeneità di offerta sanitaria.

Per questo, è doveroso interrogarsi e avanzare proposte su come recuperare in termini di salute e cura, ma in una nuova prospettiva, tutto ciò che è rimasto “congelato” o è stato in qualche modo rallentato: visite, cure, attenzioni, controlli.

Dopo COVID 19 la sanità non potrà più essere come prima.

A sei mesi dall’esordio della pandemia, inoltre, malgrado gli annunci e le indicazioni Ministeriali, il territorio non è stato sostenuto e l’assistenza domiciliare non ha ottenuto le risorse previste dai vari DPCM.

Una nota positiva: l’approvazione in Conferenza Stato Regioni della figura dell’Infermiere di famiglia/ comunità, da FAVO molto sostenuta nell’ambito della GIORNATA NAZIONALE DEL MALATO ONCOLOGICO e indicata nel documento congiunto con le Società Scientifiche (LINEE DI INDIRIZZO INFERMIERE DI FAMIGLIA/ COMUNITÀ ex L. 17 luglio 2020 n. 77).

La figura dell’Infermiere di famiglia potrà essere una importante risorsa nell’immaginare una nuova programmazione e attuazione dei PDTA.

L’esame dei PDTA e del loro funzionamento ci sembra una buona opportunità per ripartire con una offerta sanitaria che dovrà essere sempre più di presa in carico di un problema di salute piuttosto che una sommatoria di prestazioni, spesso ripetute in modo parallelo da servizi diversi.

In un sistema ideale, la stessa remunerazione delle Aziende dovrebbe avvenire per percorso di patologia piuttosto che per singolo accesso al servizio. Alcune esperienze, con alterne fortune, sono state effettuate in diabetologia, ma questa rimane una strada da esplorare in tutte le patologie croniche e, in particolare, in oncologia dove l’impegno di risorse è molto rilevante e dove la tempestività e appropriatezza, clinica, terapeutica e organizzativa, diventa cruciale.

In base ai Report della Ragioneria dello Stato, sappiamo che globalmente parlando nel 2019 su una spesa sanitaria di 117.3 miliardi, la spesa privata è salita a 34 miliardi con aumento del 6.4% rispetto al 2018. Un 45% è costituito dalla voce: visite / interventi.

Queste prestazioni, ovviamente non vengono tracciate e pertanto sfuggono a ogni verifica di qualità e appropriatezza.

Nel gennaio 2020 AGENAS, ha avviato i lavori dell’Osservatorio di monitoraggio delle Reti Oncologiche Regionali, in risposta ai dettami dell’Accordo stipulato in sede di Conferenza Stato Regioni in data 17.4.2019. L’Osservatorio prevede la partecipazione dei rappresentanti del Ministero della salute, dei referenti delle Reti oncologiche delle Regioni e P.A., degli Enti nazionali quali ISS ed AIFA, dei professionisti e delle società scientifiche e delle associazioni dei cittadini e dei pazienti.

L’Osservatorio dovrà provvedere a definire un sistema di monitoraggio dei PDTA e dei relativi flussi informativi all’interno delle Reti oncologiche Regionali, per consentire un processo di revisione dei percorsi, con una regia unitaria che eviti frammentazioni e duplicazioni.

Cosa è un PDTA

Esistono diverse definizioni di PDTA acronimo di Percorso Diagnostico-Terapeutico Assistenziale.

Ne abbiamo scelte due: la prima centrata sull’organizzazione, la seconda sulla persona.

  1. I Percorsi Diagnostico-Terapeutici Assistenziali-PDTA sono modelli locali che, sulla base delle linee guida ed in relazione alle risorse disponibili, consentono un’analisi degli scostamenti tra la situazione attesa e quella osservata in funzione del miglioramento della qualità.
    In pratica, i PDTA sono strumenti che permettono all’azienda sanitaria di delineare, rispetto ad una patologia o un problema clinico, il miglior percorso praticabile all’interno della propria organizzazione.
  1. I PDTA sono strumenti che permettono di delineare, rispetto ad una o più patologie o problema clinico, il miglior percorso praticabile all’interno di una organizzazione e tra organizzazioni per la presa in carico del paziente e della sua famiglia.

Inutile affermare che per FAVO la seconda definizione è quella che più risponde alle esigenze dei pazienti.

I passaggi sono gli stessi, ma la visione cambia.

La maggior parte delle Aziende sanitarie italiane, tuttavia, ha scelto la prima prospettiva e spesso questo si è tradotto su percorsi di fatto teorici non accessibili ai malati e spesso sconosciuti agli stessi operatori della Rete assistenziale, a cominciare dalle professioni sanitarie e i MMG.

Già nel documento tecnico di indirizzo 2011-2013 prorogato fino al 2016 e comunque non più modificato, nel paragrafo 5.4 relativo alle Reti oncologiche, si ribadiva la necessità di “definire i percorsi assistenziali programmati per le principali patologie e situazioni cliniche” e “definire i principali percorsi di cura per specifiche patologie oncologiche (PDTA)”.

Parte Prima - Sostenibilità e aspetti politici, sociali e organizzativi in oncologia

Tabella 5.4 INNOVAZIONE IN ONCOLOGIA – LA RETE ONCOLOGICA

Azioni Programmatiche Triennio 2010 – 2012

  • Definire i percorsi assistenziali programmati per le principali patologie e situazioni cliniche.
  • Assicurare la presa in carico dell’assistito nell’intero percorso assistenziale
  • Assicurare la multidisciplinarietà dell’assistenza attraverso l’istituzione di gruppi specifici per patologia.
  • Favorire l’inserimento dei pazienti in programmi di ricerca clinica
  • Promuovere la creazione di infrastrutture finalizzate alla ricerca clinica (ad esempio biobanche)
  • Coordinare le professionalità e le istituzioni coinvolte nella prevenzione, diagnosi, terapia.
  • Garantire equità all’ accesso alle cure oncologiche a tutti i cittadini
  • Definire percorsi di cura condivisi per specifiche patologie oncologiche (clinical pathways o PDTA)
  • Sviluppare modelli organizzativi volti ad ottimizzare il coordinamento e l’integrazione dei percorsi di cura oncologici, riabilitativi, e di cure palliative, sulla base dei bisogni espressi dai pazienti
  • Sperimentare sistemi di gestione innovativi basati sulla retribuzione di percorsi di cura, piuttosto che sulla singola prestazione.
  • Definire una piattaforma condivisa di informazioni del paziente disponibili alle istituzioni / figure professionali coinvolte nell’assistenza: sistemi informativi, cartelle telematiche, linee guida, registri di patologia,ecc.
  • Valorizzare le risorse dal volontariato operativo a livello ospedaliero e sul territorio
  • Creare un network delle Reti oncologiche regionali, Rete delle reti, la cui governance è demandata al Ministero della Salute.

A distanza di 9 anni le indicazioni del documento spesso rimangono disattese, tanto che FAVO più volte ha denunciato la “mancanza di A di assistenza/ supporto” nella declinazione dei vari PDTA regionali o Aziendali.

Cosa da tempo segnalano i malati?

La mancanza di definizione e attuazione del supporto nutrizionale, psicologico, psico-sociale, di integrazione ospedale territorio soprattutto nella fase delicata della progressione di malattia metastatica. Pochi PDTA definiscono operativamente l’attuazione delle simultaneus care.

Perché definire i percorsi?

Perché in oncologia l’approccio iniziale, specie se chirurgico, può condizionare il decorso successivo e persino l’esito in termini di sopravvivenza delle persone.

La multidisciplinarietà e la multi professionalità all’interno di un PDTA dovrebbero garantire al malato il migliore approccio possibile già al momento della presa in carico.

La complessità delle cure, la sequenza dei trattamenti, il supporto e gli aspetti riabilitativi dovrebbero essere discussi nella fase iniziale di pianificazione del trattamento, evitando disparità e disomogeneità sui territori, talvolta addirittura all’interno delle stesse Aziende.

Il PDTA è lo strumento operativo di governo di un percorso di presa in carico all’interno delle Reti oncologiche: indica chi fa che cosa, dove, come e con che tempi, sulla base delle risorse disponibili e delle migliori evidenze scientifiche a disposizione.

Un PDTA non può prescindere da verifiche interne sui processi ma soprattutto sugli esiti e richiede costanti aggiornamenti sulla base delle maturate conoscenze ma anche delle mutate condizioni organizzative di un territorio.

Nel 2010 la Cochrane ha pubblicato uno studio, coinvolgente 11.398 pazienti, in cui si dimostrava che là dove era seguito un PDTA, si riducevano le complicanze, compresi sanguinamenti, infezione ferite e polmoniti (forza della raccomandazione di tipo A) nonché la degenza ospedaliera e i costi (forza della raccomandazione di tipo B).

Il paradosso di un PDTA è che talvolta può comportare un iniziale aumento dei costi rispetto ad approcci precedenti se questi erano inadeguati.

Esiste l’inappropriatezza per difetto e non solo per eccesso.

L’effetto di un PDTA sui costi globali si trova in analisi di sistema ed è lì che si evidenziano risparmi (riduzione complicanza, riduzione duplicazione esami, reinterventi, degenze in terapia intensiva, etc)

COVID 19 ha rotto un equilibrio già precario in molte realtà, soprattutto in merito ai tempi di presa in carico.

Già in epoca pre pandemia ben poche Regioni avevano indicato i tempi di presa in carico e di avvio dell’iter terapeutico appropriato per singola patologia.

L’interruzione degli screenings, in fase di riavvio tra molte difficoltà, gli accessi contingentati, la rinuncia agli accertamenti da parte di molti pazienti stanno portando a diagnosi tardive con ovvie ricadute su aspettativa di vita e esiti.

PDTA e indicatori: il tavolo di lavoro di AGENAS

Quando si tratta di riprendere un percorso che ha subito drastici ridimensionamenti, come è successo con COVID 19, bisogna ripartire dalla situazione in essere, cercando di avere parametri di misura e indicatori di processo e esito.

A livello nazionale sono stati identificati:

  • PDTA regionali e di Rete oncologica (là dove presente)
  • PDTA aziendali, territoriali e ospedalieri
  • PDTA di macroarea in genere interaziendali

Dall’analisi dei vari PDTA emergono marcate diversità di approccio anche per la stessa patologia, forse frutto della resistenza al cambiamento di prassi consolidate.

La disomogeneità aumenta se si estende la valutazione al coinvolgimento del territorio.

Nel lavoro promosso da Forum Risk management nel 2016 di censimento dei PDTA, quelli oncologici (considerati anche quelli sulle cure palliative e gestione pediatrica) erano solo 8. Tali numeri sono rapidamente aumentati negli anni.

A fronte di un aumento di incidenza e prevalenza dei pazienti con cancro, diminuiscono i medici e la sofferenza drammatica degli organici ha impattato negativamente sul monitoraggio dei PDTA che probabilmente andrebbero tutti rivisti sulla base dei nuovi scenari.

Classicamente vengono identificati:

  • Indicatori di struttura
  • Indicatori di percorso: prevenzione e screening, chirurgia, trattamento medico, trattamento radioterapico, riabilitazione, follow up, cure palliative e fine vita.
  • Indicatori di appropriatezza
  • Indicatori di esito
  • Indicatori di funzionamento di “rete”

Nel corso del 2020 presso AGENAS ha avviato i lavori dell’Osservatorio di monitoraggio delle Reti Oncologiche Regionali, come previsto dall’Accordo Stato Regioni, 17.4.2019, con la partecipazione dei rappresentanti del Ministero della salute, dei referenti delle Reti oncologiche delle Regioni e P.A., degli Enti nazionali quali ISS ed AIFA, dei professionisti e delle società scientifiche e delle associazioni dei cittadini e dei pazienti, compreso FAVO, con un focus specifico dedicato all’analisi dei possibili indicatori dei PDTA.

La prima affermazione cruciale è che gli indicatori devono essere rilevanti, rilevabili e riproducibili.

Se da un punto di vista clinico, la rilevanza di un indicatore potrebbe trovare consenso, sulla rilevabilità dello stesso i problemi sono molti: molti sistemi informatici non sono interconnessi o risentono della scarsa qualità dei dati.

Il Gruppo Periplo, che raduna le Rete oncologiche attive in Italia, ad esempio, ha cercato di analizzare il dato relativo alla percentuale di donne che effettuavano chirurgia mammaria con biopsia, risultato molto basso (30-35%).

A un approfondimento successivo, tuttavia, è emerso che il dato era falsato dal fatto che molte biopsie erano effettuate in regime ambulatoriale pre ospedalizzazione e pertanto non tracciato dai flussi di pre ricovero ospedaliero. I lavori dell’Osservatorio di monitoraggio delle Reti Oncologiche Regionali presso AGENAS sono centrati, tra l’altro, su tre grandi filoni: volumi, mobilità, screening.

La prima criticità rilevata è che il flusso ambulatoriale non è facilmente tracciabile, essendo il codice 048 troppo generico in quanto posseduto anche da chi è fuori trattamento.

Si sta esaminando la possibilità di interconnettere diversi flussi informativi avviando una specifica sperimentazione, finalizzata ad avere delle informazioni centrate sul paziente interconnettendo diversi flussi informativi basati su un codice univoco nazionale dell’assistito (CUNA), cosi come previsto dal DM N° 262 del 7 dicembre 2016, per monitorare le prestazioni a lui offerte per singolo PDTA, le tempistiche, ed i luoghi in cui le stesse vengono erogate ed inizialmente si sta trattando il K mammario utilizzando i flussi SDO ed ambulatoriali per il tramite della DGSIS del Ministero della Salute che ha in NSIS il punto unico di accesso dei flussi informativi regionali

Un settore particolarmente penalizzato nell’analisi dei flussi è la Radioterapia, in cui tutti i percorsi sono ambulatoriali.

Nell’analisi vanno considerati indicatori non facilmente rilevabili ma utili nella definizione del percorso della Rete oncologica: sono indicatori di qualità (come la caratterizzazione molecolare) che possono impattare sull’esito del trattamento.

Un dibattito sempre presente è quello in merito ai volumi di attività, già sottolineato al punto 4.6 del DM 70/2015.

AGENAS produrrà un nuovo documento che analizza le soglie di attività, correlate con gli esiti, aggiornate anche sulla base delle evidenze emerse dallo studio di Epidemiologia e prevenzione del 2017 e dalla revisione della letteratura nel 2019, già descritta in una informativa dell’aprile 2019.

La concentrazione della casistica diventa cruciale soprattutto per i tumori rari, ma in una organizzazione HUB e SPOKE un indicatore di rete dovrebbe seguire il malato dalla conferma del sospetto diagnostico (in un HUB di patologia, selezionato in base ai volumi) al trattamento medico che potrebbe essere effettuato in una realtà spoke più vicina alla residenza del Paziente.

Sappiamo bene come l’accessibilità dei servizi incide sulla presa in carico del malato.

Una organizzazione di Rete deve prevedere anche questa definizione di percorso e il suo monitoraggio.

Una Rete, definito il percorso ottimale, deve verificare se il paziente ha effettivamente accesso alle prestazioni migliori nel luogo definito e secondo tempistiche appropriate o piuttosto debba ricorrere a altre strade (specie nel privato) per ottenere una risposta al suo bisogno di salute.

Inoltre va prevista una facilitazione per la fruizione dei diritti esigibili per i pazienti oncologici a partire dallo snellimento delle procedure per il riconoscimento dell’invalidità.

Lo studio dei PDTA a livello nazionale

Metodologia di analisi

Per avere un quadro il più possibile completo dei PDTA messi in capo dalle diverse Aziende sanitarie in tema oncologico, sono state percorse due strade.

La prima strada è stata quella di cercare sul web tutto ciò che rispondesse alla ricerca “PDTA, oncologico, tumore” e di raccogliere tutti i link dei documenti pubblicati on line dalle Aziende sanitarie e dalle Reti Oncologiche Regionali.

La seconda strada percorsa è stata quella di chiedere a inizio 2020 direttamente alle Aziende sanitarie l’invio dei documentati corredati da una scheda predisposta dove indicare ostacoli e facilitazioni rilevate nella costruzione e nell’applicazione del singolo PDTA.

Purtroppo, dopo qualche settimana, l’intero SSN è stato sconvolto nei suoi aspetti di cura e amministrativi. Pertanto, diverse sono state le Aziende sanitarie che non sono state in grado di concentrarsi sulla richiesta e che si sono scusate o che, con grande fatica, hanno comunque risposto in ritardo o, in alcuni casi, hanno rinviato alle rispettive Reti Oncologiche Regionali dove presenti.

Scheda sintetica del PDta (oggetto del PDta) _______________________________________________

Scheda sintetica del PDta

Probabilmente lo strumento di rilevazione molto “aperto” e la poca disponibilità di tempo hanno fatto in modo che le risposte scritte fossero, nella gran parte dei casi, molto simili tra loro e generalmente descrittive di una situazione priva di ostacoli e problemi da risolvere.

I riscontri ottenuti dagli operatori e anche dalle Associazioni contattate, invece, sono stati molto diversi e hanno evidenziato importanti criticità nella fase attuativa dei PDTA deliberati dalle Aziende particolarmente in termini di qualità e tempestività delle prestazioni erogate.

In alcune interviste telefoniche informali, già in epoca pre COVID, sono emersi tra gli operatori un senso di frustrazione e impotenza organizzativa.

Le proposte di F.A.V.O. per una visione dei PDTA post COVID in una visione europea

Secondo la conferenza, del settembre 2020, dei 53 Ministri della salute componenti della OMS- Europa, l’interruzione dei servizi sanitari durante l’emergenza Covid potrebbe comportare ad un aumento del 10% della mortalità per cancro al seno e un aumento del 15% della mortalità per cancro al colon.

Il 6% degli Stati membri ha segnalato un’interruzione dei servizi per malattie non trasmissibili.

Ne è nato un programma di lavoro europeo (EPW) 2020-2025, che definisce il modo in cui l’OMS / Europa ei suoi Stati membri lavoreranno insieme per soddisfare le aspettative dei cittadini per la salute.

Il documento ha proposto 5 aree prioritarie di interesse comune:

  • sicurezza sanitaria contro le emergenze sanitarie e altre minacce
  • sistemi sanitari efficaci, accessibili, resilienti e innovativi
  • una risposta globale alle malattie non trasmissibili con particolare attenzione al cancro
  • sistemi alimentari sostenibili e salutari
  • cooperazione sanitaria con paesi non appartenenti all’Unione Europea nella Regione Europea dell’OMS.

FAVO nell’ambito della Giornata nazionale del malato di cancro aveva denunciato insieme con le Società scientifiche il rischio in termini di esiti di salute dal blocco degli screenings e questi dati confermano l’allarme.

Secondo i dati AIOM, nei primi 5 mesi del 2020 sono stati eseguiti 1.4 milioni di esami in meno rispetto al 2019.

I ritardi dei controlli si sono tradotti secondo AIOM in una netta riduzione delle nuove diagnosi di tumore della mammella ( -2099) e del colon retto ( -611) rispetto al 2019.

Il recente documento dei Ministri della salute europei riprende temi che le Associazioni dei malati caldeggiano da tempo: interventi di prevenzione primaria, secondaria, accessibilità e equità di accesso a diagnosi, terapia, riabilitazione.

Ora si tratta di abbandonare il semplice enunciato di principi e verificare la declinazione pratica.

Di seguito alcuni suggerimenti di FAVO:

  1. Implementare PDTA regionali: i PDTA di singola Azienda aumentano variabilità e competizione per dimostrare “chi è il più bravo”, in circuiti non sempre virtuosi, aumentando i fattori confondenti nella fase di valutazione degli esiti. Il PDTA Regionale potrebbe o dovrebbe essere il modello che le singole Aziende devono declinare praticamente nel proprio territorio di riferimento.
  2. Incoraggiare PDTA che definiscano gli STANDARD al di sotto di quali non si può scendere: volumi di attività, qualità delle prestazioni di stadiazione e identificazione molecolare (MINIMO OBBLIGATORIO), piuttosto che scrivere libri dei sogni scarsamente applicabili.
  3. Introdurre in tutti i PDTA i tempi massimi di espletazione del percorso diagnostico e di avvio del programma terapeutico. Per alcune neoplasie il tempo di stadiazione toglie tempo di cura e impatta sulla sopravvivenza.
  4. Prevedere per i PDTA gli standard di qualità per l’anatomia patologica per tipizzazione molecolare e anche per questo definire tempi di risposta. Questo aspetto potrebbe essere oggetto di monitoraggio dei TUMOR MOLECULAR BOARD, tanto citati ma di fatto non operativi.
  5. Implementare nei PDTA gli interventi compresi nella “A” di assistenziale: nutrizione, psiconcologia, riabilitazione, fino all’assistenza infermieristica specialistica ospedaliera (es: stomaterapisti) e territoriale (infermieri di famiglia).
  6. Per ogni PDTA definire gli standard minimi di dotazione organica (medici, professioni sanitarie etc): molti PDTA sono dimensionati su organici ormai inadeguati per cessazione di servizio e mancanza di turn over.
  7. Prevedere in tutti i PDTA la fase di integrazione con il territorio e con i MMG: in epoca COVID il follow up dovrà essere il più possibile indirizzato verso il territorio e condiviso con i medici di famiglia.
  8. Coinvolgere AIRTUM nella fase di monitoraggio dei PDTA stessi.
  9. Prevedere indicatori clinicamente rilevanti e facilmente rilevabili informaticamente per poter adottare correttivi ove necessario.
  10. Condividere i PDTA con gli stakeholders, rappresentati dalle Associazioni dei malati, che abbiano seguito adeguati percorsi formativi, cosi come già sancito dal Documento approvato dalla Conferenza Stato Regioni il 17.4.2018.

L’esperienza sostenuta dalla conoscenza metodologica potrebbe rendere i PDTA non modelli teorici ma strumenti operativi di rilevanza clinica e organizzativa.

Il documento citato della Conferenza Stato Regioni, intitolato “Revisione delle Linee di indirizzo organizzative e delle raccomandazioni per la Rete Oncologica che integra l’attività ospedaliera per acuti e post acuti con l’attività territoriale”, recita: “il coinvolgimento attivo di pazienti, familiari e cittadini rispetto alla propria salute ed alle scelte conseguenti, come per la pianificazione, implementazione e valutazione dei servizi sanitari, è un elemento centrale delle politiche sanitarie di molti Paesi.

Deve essere rafforzato il ruolo del volontariato e dell’associazionismo in campo oncologico, componenti formalmente riconosciute della rete, prevedendone la partecipazione ai livelli rappresentativi e direzionali, così come alle funzioni di integrazione e/o completamento dell’offerta istituzionale. Tali associazioni sono le prime a intercettare i bisogni inespressi dei malati e a favorire iniziative per rispondervi“.

Conclusioni

Quanto premesso e auspicato deve comunque trovare riscontro e declinazione all’interno delle Reti Oncologiche Regionali che necessitano della definizione di un coordinamento regionale della Rete, della identificazione di punti unici di accesso e di nodi della rete tra loro interconnessi.

Cruciale in questo senso diventa una corretta informatizzazione che possa permettere alle reti regionali di governare e prenotare, ma anche monitorare, tutte le visite e gli esami diagnostici senza aggravio per il paziente, al quale dovranno essere garantite prestazioni clinicamente appropriate nei tempi giusti e nei luoghi idonei, secondo percorsi definiti e facilitati.

In un contesto di offerta sanitaria di qualità, come già sottolineato in precedenti Rapporti di FAVO, dovrà essere favorito un accentramento della casistica in termini di volumi di attività Chirurgica per garantire migliori esiti clinici, come ampiamente dimostrato dalle analisi di AGENAS.

Auspicabile, infine, che, all’interno dei PDTA Regionali, l’esperienza del rilascio dello 048 temporaneo da parte dei Centri Accoglienza e Servizi, responsabili del governo del percorso, realizzata nella Rete Oncologica Piemonte e Valle d’Aosta, venga estesa a altre Regioni in Italia.

Bibliografia e riferimenti

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  4. https://www.quotidianosanita.it/allegati/allegato1375018.pdf
  5. “Monitoraggio della spesa sanitaria” n.7 /2020 del Ministero Economia e Finanza- Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato.
  6. http://www.quotidianosanita.it/governo-e-parlamento/articolo.php?articolo_id=87951&fr=n
  7. https://www.ansa.it/canale_saluteebenessere/notizie/medicina/2020/09/18/covid-14-mln-screening-per-cancro-rischi-di-un-aumento-della-mortalita_5288a5ab-6e6f-4fb5-bad3-b1b69747f678.html
  8. https://esmoopen.bmj.com/content/3/5/e000398 “Multidisciplinary molecular tumour board: a tool to improve clinical practice and selection accrual for clinical trials in patients with cancer”
  9. http://www.quotidianosanita.it/regioni-e-asl/articolo.php?articolo_id=73131
  10. https://www.quotidianosanita.it/lettere-al-direttore/articolo.php?articolo_id=85376
  11. https://www.agenas.gov.it/images/agenas/RETI/Osservatorio_Reti_30_07_2020.pdf
  12. https://www.agenas.gov.it/images/agenas/RETI/Componenti_Osservatorio_def.pdf

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12° Rapporto - Capitolo 7

I PDTA nell’era post COVID