15. La valutazione medico-legale del linfedema cronico in ambito previdenziale e assistenziale

a cura di M. Piccioni, O. De Lucia – INPS; S. Michelini – ITALF-SOS Linfedema; A. Cerretti, G. Masiello – A.I.Ma.Me.; L. Del Campo, F. De Lorenzo – F.A.V.O.

Il Linfedema, primario o secondario, è una malattia cronica, prevalentemente a carico degli arti, ad andamento evolutivo ingravescente, suscettibile di severe complicazioni infiammatorie (micosi cutanee, linfangite), distrofiche (verrucosi, ulcere) e neoplastiche (linfangiosarcoma), ad alto impegno terapeutico riabilitativo- preventivo, che comporta limitazioni funzionali “oggettive” (riduzione dell’articolarità e della forza) e “soggettivo-preventive” (astensione da attività a rischio di aggravamento o complicazione) entrambe rilevanti per una corretta valutazione della capacità lavorativa.

Ciò rende conto del perché il linfedema secondario, anche allorché venga conseguita la guarigione clinica della patologia causativa (perlopiù neoplastica), non possa considerarsi come un mero “postumo permanente”, configurandosi invece a pieno titolo come una patologia cronica sovente gravata da importanti ripercussioni psichiche e relazionali. Pertanto si tratta di una patologia che comporta elevati e specifici bisogni sanitari e socio-assistenziali. L’Organizzazione Mondiale della Sanità, infatti, nell’International Classification of Diseases (ICD10) attribuisce due codici ben definiti al Linfedema secondario dell’arto superiore post-mastectomia (457.0) ed alle altre forme di Linfedema primario e/o secondario (457.1).

Su tali presupposti, ITALF (Italian Linfedema Framework) ed A.I.Ma.Me. (Associazione Italiana Malati di Melanoma), di concerto con F.A.V.O., hanno presentato, da un lato, un’istanza al Ministero della Salute (recepita e trasmessa alla Commissione LEA) per la definizione di un nuovo codice di esenzione per la copertura della spesa sanitaria per il linfedema secondario nei pazienti ‘post-oncologici’, e dall’altro, la richiesta al Coordinamento Generale Medico Legale INPS per l’elaborazione di indicazioni tecnico-scientifiche che possano garantire una uniforme ed equa valutazione delle complesse ricadute menomanti sulla capacità lavorativa.

Quest’ultima istanza ha riscontrato immediata disponibilità da parte del Coordinamento Generale Medico Legale INPS che, in data 13.06.2018, ha emanato e pubblicato sui siti dell’Istituto una Comunicazione che, dopo un esaustivo inquadramento clinico del linfedema, fornisce indicazioni rigorose e motivate per la sua valutazione medico legale, tanto in ambito previdenziale (invalidità pensionabile), che in quello assistenziale (invalidità civile e handicap).

Per le forme primarie (incluse tra le malattie rare con DPCM 12 Gennaio 2017), che spesso riconoscono una causa genetica, familiare o sporadica, il documento INPS riassume in una tabella l’elenco dei geni attualmente riconosciuti come sicuri responsabili della malattia; tra essi i più frequentemente in causa sono il FOXC2, a carattere dominante, responsabile del Linfedema-distichiasi (doppia fila di ciglia nel soggetto colpito) ed il VEGFR3 (o FLT4), a carattere recessivo, che dà luogo, tra le altre forme, alla cosiddetta S. di Milroy (Linfedema connatale).

Le forme primarie possono insorgere alla nascita (connatali) ed essere diagnosticate addirittura in epoca prenatale in corso di esame ecografico ‘morfologico’, manifestarsi entro la prima decade di vita (forme precoci) o solo successivamente a seguito di eventi, perlopiù traumatici slatentizzanti (forme tardive).

Le forme secondarie vengono distinte in ‘post-chirurgiche’, in costante incremento per la progressiva cronicizzazione delle malattie neoplastiche, da ‘radioterapia’, da sovraccarico funzionale e post-flogistiche (ad esempio da infestazione parassitaria). Per noti motivi legati all’incidenza della malattia primaria, la principale causa di linfedema secondario è il carcinoma mammario trattato chirurgicamente con dissezione ascellare (circa 45.000 interventi/anno in Italia) che comporta insorgenza di linfedema in circa il 20% (9.000/anno in Italia). In caso di trattamenti chirurgici che comportino linfoadenectonomia delle stazioni di drenaggio degli arti inferiori, le percentuali di insorgenza di linfedema secondario non sono esattamente definite in letteratura, anche se è ipotizzabile, per motivi ‘gravitazionali’ e per ‘frequenza delle patologie’ causative, che l’incidenza complessiva sia prossima a quella delle forme secondarie dell’arto superiore.

Distinti sono tenuti i cosiddetti ‘Linfedemi sindromici’, in cui il linfedema (frequentemente localizzato agli arti inferiori, ma talora anche in altri distretti corporei) costituisce uno dei segni nell’ambito di un complesso quadro clinico: Sindrome di Klippel Trenaunay; Sindrome di Prader Villi; Sindrome di Proteus; Sindrome di Maffucci Sturge Weber; Sindrome di Ghoram Stout; Sindrome di Noonan; Sindrome di Hennekam; Sindrome di Emberger.

L’approccio valutativo proposto dalla comunicazione INPS presuppone, molto opportunamente, un corretto esame anamnestico-obiettivo volto ad accertare:

Stadio evolutivo della patologia:

  • stadio I: assenza di edema in presenza di alterazioni delle vie linfatiche (ad esempio: mastectomizzata con linfadenectomia ascellare) con arti coincidenti in quanto a volume e consistenza (IA); presenza di lieve edema spontaneamente reversibile con la posizione declive e il riposo notturno (IB);
  • stadio II: edema persistente che regredisce solo in parte con la posizione declive ed il riposo notturno;
  • stadio III: si realizza la cosiddetta elefantiasi (arto a colonna con scomparsa dei rilievi tendinei ed ossei);
  • stadio IV: l’elefantiasi si complica con linfangiti ricorrenti, infezioni micotiche, verrucosi linfostatica, La gravità del quadro clinico può essere ulteriormente definita in funzione dell’incremento volumetrico dell’arto affetto: Minimo, se inferiore al 20% rispetto all’arto controlaterale; Moderato, se oscilla tra il 20 ed il 40%; Grave se l’incremento volumetrico supera del 40% il volume dell’arto sano.

Estensione del coinvolgimento articolare, considerando le tre grandi articolazioni dell’arto

Presenza ed entità del coinvolgimento osteo-muscolare e nervoso Dominanza o meno dell’arto interessato ( per gli arti superiori)

Esito degli eventuali accertamenti strumentali esibiti, quali la linfoscintigrafia (indispensabile per la diagnosi allo Stadio I) e l’Ecografia ad alta risoluzione, che descrive l’entità dello spessore sopra e sotto-fasciale, nonché la prevalente componente idrica o fibrotica.

Trattamenti effettuati e in corso: drenaggio linfatico manuale e frequenza settimanale del trattamento, pressoterapia sequenziale, chinesiterapia, bendaggio multistrato e frequenza dell’applicazione (in abbinamento o meno con drenaggio linfatico manuale), eventuali cicli intensivi di drenaggio manuale combinato con bendaggio di 2-3 settimane in regime di ricovero e frequenza annua, ginnastica isotonica od altro tipo di attività fisica idonea (ad es. nuoto), tonificazione muscolare, mobilizzazione e sbrigliamento articolare, ultrasuonoterapia sulle zone fibrotiche, uso e tempi di uso, di indumento elastico, precisandone possibilmente la classe di compressione (da I a IV).

Per la valutazione della “capacità lavorativa in occupazioni confacenti alle attitudini”, che rileva in ambito previdenziale, la comunicazione INPS sottolinea la necessità di tener conto oltre che della limitazione funzionale obiettivabile all’esame clinico, delle attività elementari da cui il paziente con Linfedema cronico, pur potenzialmente capace, deve astenersi a scopo profilattico dovendo evitare contrazioni muscolari prolungate (soprattutto di tipo isometrico), traumatismi compressivi, l’esposizione ad agenti potenzialmente lesivi per la cute, la prolungata esposizione a fonti di calore e a brusche variazioni della pressione atmosferica.

Sotto tale profilo, opportunamente vengono elencate in dettaglio le attività lavorative che (specie se per età e alta specializzazione il soggetto evidenzi scarsa ‘riadattabilità’) devono considerarsi come non confacenti alle attitudini o addirittura, pericolose e potenzialmente usuranti: facchinaggio, giardinaggio, attività agricole, di apicoltura e allevamento bestiame, lavanderia e stiratura, attività in ambienti industriali che comportino esposizione a fonti di calore, attività che si svolgono su veicoli aerei o che impongano viaggi frequenti in aereo o in treno con prolungata postura in posizione semi-ortopnoica. Inoltre, per le attività apparentemente non richiedenti sforzi fisici, anche di tipo manageriale/dirigenziale, occorre considerare l’interferenza negativa sull’attività terapeutico-riabilitativa dei necessari, frequenti e prolungati, spostamenti per esigenze lavorative dalla sede di residenza e cura e più in generale gli effetti sfavorevoli della stessa normale attività d’ufficio con prolungata stazione seduta ed utilizzo di postazioni e strumenti non opportunamente adattati.

Per la valutazione della “capacità lavorativa generica” in base alle tabelle ministeriali, che rileva in ambito assistenziale, la Comunicazione INPS precisa che qualora la gravità del linfedema comprometta pressoché totalmente la funzione dell’arto la condizione dovrà essere assimilata alla perdita anatomica dello stesso.

Nei casi di minor gravità si deve procedere alla valutazione percentuale della compromissione di ciascun distretto articolare interessato e successivamente ad una valutazione globale da esprimersi, tenendo in debito conto anche l’incidenza dei sintomi e segni extra-articolari (dolore, ipostenia, flogosi recidivanti, lesioni cutanee, alterazioni della sensibilità), come valore proporzionale rispetto alla perdita anatomo-funzionale dell’organo. La valutazione dovrà inoltre tener conto della possibilità di una variazione, non superiore a 5 punti percentuali, allorché vi sia anche incidenza sulla capacità attitudinale o specifica.

Ovviamente, allorché il linfedema sia secondario a neoplasia o in tutti i casi in cui sia complicato da linfangio- sarcoma, la valutazione dovrà tenere ulteriormente in conto gli specifici codici tabellari per la malattia oncologica (rispettivamente causa e conseguenza del linfedema).

Per la valutazione a fini di handicap, la Comunicazione INPS stabilisce che il Linfedema cronico grave, che comporti sintomatologia funzionale e dolorosa persistente nonché necessità di particolari cautele nella vita quotidiana e lavorativa e di cicli frequenti di trattamento fisioterapico, configura la situazione di Handicap con connotazioni di gravità.

I profili qualificanti della comunicazione tecnico scientifica INPS per la valutazione del linfedema

L’elemento innovativo che di fatto connota il documento INPS in materia di linfedema, al di là della completezza della sintesi clinico-terapeutica e delle dettagliate indicazioni per il corretto esame obiettivo, è indubbiamente costituito dalla particolare attenzione al diritto del paziente alla salute.

La valutazione medico legale, infatti, non si esaurisce nel mero apprezzamento della menomazione obiettivabile ma è chiamata a tener conto sia di ciò che il paziente, pur potenzialmente ad esso “abile”, deve astenersi dal fare per non peggiorare la propria salute, sia di ciò che ha il diritto/dovere di fare per migliorarla. Siamo in altri termini di fronte ad una evoluzione, al passo con il rinnovato significato assunto dal termine salute, del tradizionale e più circoscritto concetto di “usura”.

Una innovazione che costituisce un passo, ancorché piccolo, per il superamento della rigida dicotomia tra tutela previdenziale e socio-assistenziale da un lato (art. 38 della C.C.) e tutela sanitaria (art. 32) dall’altro, nella consapevolezza del reciproco rapporto positivo che intercorre tra Salute e partecipazione sociale e lavorativa.

 

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11° Rapporto - Capitolo 15

La valutazione medico-legale del linfedema cronico in ambito previdenziale e assistenziale