5. L’oncologia “differente” della Rete pugliese in tempi di autonomia regionale “differenziata”

a cura di G. Gorgoni – AReSS Puglia

L’entusiasmante e complicato cammino della Rete Oncologica Pugliese (ROP per il seguito), attesa lungamente per oltre dieci anni dal primo impegno amministrativo regionale, è cominciato agli inizi del 2017.

Ed è stato un inizio risoluto e piuttosto rapido, con uno sforzo di progettazione da parte di AReSS Puglia concentrato in soli quarantacinque giorni. All’Agenzia Regionale Strategica per la Salute e il Sociale – AReSS appunto – toccò infatti il compito di sbloccare lo stallo progettuale, anche in coerenza con la missione istitu- zionale della nuova agenzia che è quella di “esplorare” nuove modalità assistenziali, organizzative e tecnolo- giche per la presa in carico del disagio di salute.

Sia nella costruzione dell’architettura generale di rete che in quelle successive delle sottoreti di patologia il progetto è stato sempre anticipato da un’accurata analisi della domanda, anche grazie ai robusti mezzi del Registro Tumori Puglia e della Banca Dati Assistiti regionale (stratificazione e profilazione).

E la rete che andavamo a costruire era una infrastruttura organizzativa destinata a 21.000 nuove diagnosi annue (Figura 1), a 166.000 cittadini sopravviventi con diagnosi di tumore (Figura 2) e a circa 10.000 cittadini che ogni anno non ce la fanno.

Figura 1
Figura 2

Le esigenze locali, all’analisi, si sono rivelate mediamente più favorevoli rispetto agli indicatori nazionali (Figura 3) anche se piuttosto diversificate da provincia a provincia e, in alcuni casi, da comune a comune (Figura 4).

Figura 3
Figura 4

Il primo provvedimento amministrativo è stata la Delibera di Giunta Regionale 221 del 23 febbraio 2017, che ha formalizzato architettura e modello organizzativi, cui è seguita – un anno dopo – la Delibera di Giunta Regionale 192 del 20 febbraio 2018, che ha ufficializzato gli oltre trecento nominativi componenti gli organi di governance della ROP, per comporre i quali è servito un lungo lavoro di reclutamento e composizione delle professionalità più autorevoli e, al contempo, di mantenimento di delicati equilibri relazionali.

La ROP è articolata su tre livelli di governance (Figura 5):

  1. Consulta Oncologia Regionale (COR), con compiti di indirizzo strategico e verifica dell’intera Rete, è l’organo più inclusivo perché composto da rappresentanti della politica, dell’amministrazione sanitaria centrale, del mondo universitario, delle società scientifiche e dell’associazionismo civico;
  2. Unità di Coordinamento Oncologico Regionale (UCOR), con compiti di coordinamento e attuazione degli indirizzi strategici impettiti dalla Consulta, è composta dai direttori generali delle 10 aziende sanitarie pubbliche e delle tre private equiparate, dal Coordinatore regionale ROP e dai coordinatori dei DIOnc (vedi dopo);
  3. Dipartimenti Integrati di Oncologia (DIOnc), con compiti di regia, coordinamento e governo locale dei servizi sanitari e sociali per i malati di tumore.

Sia la Consulta che l’Unità di Coordinamento hanno sede presso l’IRCCS Giovanni Paolo II di Bari, che è l’hub istituzionale dell’intera ROP.

L’intero territorio regionale è stato poi ripartito in quattro “Aree Vaste” (cui sovrintendono i DIOnc) anagraficamente e geograficamente omogenee da un milione di abitanti circa. L’obiettivo principale della ripartizione geografica è quello di avere un riferimento territoriale all’interno del quale garantire al malato e alla popolazione l’intera offerta dei servizi.

Figura 5
Figura 5b

Il DIOnc, diretto da un Coordinatore Operativo coadiuvato da un consiglio di dipartimento, riporta in forma integrata tutte le attività oncologiche di area medica, chirurgica, territoriale e sociale che si svolgono nell’ambito territoriale di riferimento.

A carattere interaziendale (quello Barese integra ben cinque aziende), svolge attività di indirizzo e supporto nei confronti di tutte le strutture, sia ospedaliere che territoriali, alle quali spettano invece le attività che coinvolgono direttamente il paziente e che vanno dallo screening alla diagnosi, alla degenza ordinaria o in day hospital, alle prestazioni ambulatoriali, al follow-up alla riabilitazione, alla terapia domiciliare e al supporto socio-sanitario.

Il DIOnc si articola in:

  • Unità Oncologiche, che sono le erogatrici di prestazioni oncologiche appropriate sul territorio, organizzate a seconda della disciplina di appartenenza e della macroarea/settore di pertinenza (pervenzione, diagnosi, cura, riabilitazione): sono tali un reparto, un servizio diagnostico, un ufficio distrettuale purché si occupino di tematica oncologica;
  • Gruppi di Patologia Interdisciplinari (GPI), cui è affidata la gestione diagnostico-terapeutico-assistenziale del paziente in forma integrata.

Con il provvedimento di febbraio 2018 sono partiti tutti e quattro i DIOnc e una trentina di GPI che hanno avviato il difficile percorso di specializzazione e contestuale coordinamento in ottica di area vasta di tutte le unità oncologiche operanti attorno a una data patologia tumorale.

Ma la vera novità organizzativa della ROP è rappresentata dai Centri di Orientamento Oncologico (CorO), che è una struttura operativa inedita collocata funzionalmente nell’ambito di ciascun DIOnc e fisicamente ubicato in Ospedali di riferimento o in Presidi Territoriali di Assistenza (le Case della Salute pugliesi).

Il COrO ha compiti di informazione, accoglienza e prima diagnosi dei nuovi pazienti oncologici (con successivo invio ai centri clinici di riferimento), nonché compiti amministrativo-gestionali e di supporto al PDTA di tutti i pazienti oncologici (anche con diagnosi pregressa).

Consideriamo il CorO una sorta di “gate” per l’accesso facilitato alla ROP ma anche un “riparti dal VIA” tutte le volte che si è persa la strada e serve riannodare i fili con il sistema. Nei fatti è la struttura che assicura la presa in carico iniziale del paziente e ne monitora il mantenimento in carico presso i centri clinici di riferimento che ha scelto – adeguatamente informato – per farsi curare.

Istituiti ufficialmente a gennaio del 2019 – insieme al numero verde della ROP – i CorO sono attualmente 18 distribuiti su tutto il territorio (uno ogni 230.000 abitanti circa) e hanno un organico misto composto da oncologo, psico-oncologo, care-manager infermieristico, assistente sociale, operatore amministrativo e volontari delle associazioni malati.

Quello della ROP, però, sappiamo essere un cantiere “continuo”, vuoi per le necessità imposte da una realizzazione “da zero”, vuoi perché la Rete Oncologica in realtà è un contenitore di reti:

  • reti patologia (polmone, prostata, utero, colon, seno, etc.);
  • reti funzionali di supporto (anatomia patologica, medicina nucleare, radioterapia, diagnostica per immagini, patologica clinica, etc.)

Per tale motivo ci siamo dati un metodo per il popolamento progressivo della ROP che passa attraverso il lavoro collegiale di gruppi di lavoro regionali incaricati di definire, per ciascuna patologia, caratteristiche del Centro di Riferimento (requisiti e indicatori di volume/esito), articolazione della sottorete di patologia (nodi e relazioni tra gli stessi) e PDTA regionale (Figura 6).

Figura 6

Alla data attuale, pur con la piena operatività locale dei Gruppi di Patologia Interdisciplinare da febbraio 2018, sono in fase di ufficializzazione le sottoreti regionali per Polmone, Prostata, Utero, Colon e Seno. Per il seno, in realtà si tratta di riedizione dopo l’adozione – con delibera di giunta 854 del 22/05/18 – della rete regionale delle Breast Unit che ha rappresentato il principale test metodologico e organizzativo della ROP.

E proprio con la progettazione della rete delle Breast Unit si è visto come un approccio basato su “requisiti e indicatori” ha permesso di qualificare una rete snella di centri autorevoli e “sicuri”. Rispetto a una situazione di partenza che vedeva ben 40 centri che, in maniera sistematica o pericolosamente episodica, si occupavano di carcinoma mammario siamo passati a soli 12 centri (di cui 4 privati) che garantiscono il possesso di quelle caratteristiche che per evidenze cliniche qualificano i centri più affidabili.

Va tuttavia detto che il lavoro di costruzione delle sottoreti si è giovato, oltre che delle competenze specialistiche dei clinici e di quelle civiche dei volontari, anche dei risultati di uno dei “cantieri del valore” di AReSS, ossia il PathLAB, con cui la Regione Puglia si è dotata di un sistema (con procedure, manuale e kit formativo) per il governo centrale dei PDTA (oncologici e non). Grazie a questo laboratorio i gruppi di lavoro sono stati affiancati da “drafter” appositamente addestrati per l’omogenea progettazione dei PDTA.

Entusiasmante e complicato il cammino, si diceva all’inizio, ma anche inevitabilmente lungo. Eppure a distanza di pochissimo tempo dall’attivazione, la ROP registra già i primi incoraggianti risultati; i dati provvisori di ricovero del 2018 suggeriscono che la strada intrapresa è quella giusta ed è già gran cosa, perché con la trama corretta l’ordito non può che scorrere su uno schema robusto.

Sulle cinque più diffuse patologie tumorali (seno, polmone, colon, utero e prostata) le strutture pugliesi sono cresciute nella capacità di riposta: quasi 700 interventi chirurgici in più con un trend in aumento dell’8%.

Gli interventi sulla prostata crescono del +20% su tutta la Regione e centro leader è il Miulli di Acquaviva delle Fonti con 400 interventi annui e crescita del 18%; da segnalare l’exploit dei Riuniti di Foggia con più di 160 interventi annui e crescita del 29%.

Gli interventi sul polmone crescono del 10% su tutta la Regione e centri leader sono l’Oncologico di Bari con 200 interventi annui e il Fazzi di Lecce con oltre 150 interventi annui (moltissimi con chirurgia mini-invasiva); da segnalare la performance delle strutture di Capitanata con i Riuniti di Foggia (quasi 120 interventi annui e crescita del 49%) e Casa Sollievo di San Giovanni Rotondo (quasi 120 interventi e crescita del 24%).

Gli interventi sul seno crescono del 7% su tutta la Regione e centro leader è l’Oncologico di Bari con 400 interventi annui e crescita del 13%); sorprendente il risultato del SSma Annunziata di Taranto con quasi 150 interventi annui e crescita del 70% mentre il Perrino di Brindisi si mantiene oltre i 200 interventi annui e una crescita del 10%.

Gli interventi sul colon crescono del 6% su tutta la Regione e centro leader è il Policlinico di Bari con oltre 200 interventi annui; inseguono tre belle realtà come: il De’ Bellis di Castellana Grotte con quasi 120 interventi annui e crescita del 15%; Casa Sollievo con quasi 150 interventi annui e crescita del 28%; i Riuniti di Foggia con quasi 120 anno e crescita del 50%.

Gli interventi sull’utero crescono del 2% su tutta la Regione e centro leader è il Policlinico di Bari con 150 interventi annui; da notare il risultato del Miulli di Acquaviva delle Fonti con quasi 120 interventi annui e crescita del 59%.

La sintetica descrizione di quella che finora è stata l’esperienza della rete oncologica pugliese non sarebbe però completa se sottacesse che si è trattato – e deve continuare ad essere – uno sforzo corale tra Amministrazione, Clinica e Comunità, includendo in quest’ultima volontariato e associazioni civiche. Presi a bordo fin da subito – fondamentale tra i tanti la F.A.V.O. regionale – si sono dimostrati compagni di viaggio mai compiacenti e sempre preziosi per aver fornito punto di vista del malato che, poi, dovrebbe essere il “primum movens” di ogni progettazione clinica e non il suo coronamento estetico.

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11° Rapporto - Capitolo 5

L’oncologia “differente” della rete pugliese in tempi di autonomia regionale “differenziata”