12. Analisi proattiva sulla percezione di rischio nel percorso di nutrizione parenterale domiciliare in Toscana

a cura di G. Toccafondi, G. Dagliana, R. Tartaglia – Centro Gestione Rischio Clinico e sicurezza del paziente, Regione Toscana

La nutrizione parenterale domiciliare (NPD) è una pratica clinico assistenziale che può salvare la vita. Tuttavia senza un approccio sistemico alla sicurezza del paziente, soprattutto nel percorso ospedale-terriorio, i vantaggi del trattamento rischiano di essere vanificati da complicanze e danni evitabili. Un approccio alla sicurezza del pecorso basato sui fattori umani e l’ergonomia permette di inquadrare le criticità connesse alla pratica clinico assistenziale e al contesto organizzativo. Il gruppo di lavoro di gestione del rischio clinico della Regione Toscana ha portato a termine un’analisi che ha messo a confronto i diversi percorsi di nutrizione parenterale domiciliare attivi sul territorio valutandone le potenziali criticità. Questa analisi è stata condotta con la metodologia FMECA, strumento di analisi proattiva del rischio utilizzata in molti contesti sanitari.

Nel momento in cui la nutrizione parenterale viene gestita a domicilio (NPD) alle criticità insite nella continuità ospedale territorio si aggiunge un elemento di contesto che, se non considerato in maniera adeguata, può amplificare le possibilità di danno per il paziente. Un evento avverso si origina in conseguenza di una interazione non sicura fra i vari elementi che compongono un percorso di cura. In questo caso una organizzazione che non utilizza un modello di cura integrato che permetta loro di garantire la sicurezza e la qualità nella gestione della NPD rappresenta un fattore predisponente al rischio di errori ed aventi avversi.

La metodologia FMECA (Failure Mode and Effects and Criticality Analysis) è stata scelta per poter guidare gli addetti alla sicurezza nell’analisi delle criticità di un processo clinico-assistenziale e nell’individuazione di possibili azioni di miglioramento per ridurre il rischio eventi avversi. È uno strumento di prevenzione che identifica le aree deboli di un processo e sviluppa azioni di miglioramento sulla base di giudizi soggettivi forniti dagli stakeholders del processo. La finalità dell’analisi è capire quali sono i rischi di un processo, cioè cosa potrebbe andare male (failure mode) e quali potrebbero essere le possibili conseguenze (failure effects).

L’applicazione di FMEA è suddivisa in sei fasi.

  1. Selezione di un processo da valutare con FMEA, tenendo presente che questa tecnica funziona meglio per l’analisi di processi lineari che non hanno molti sotto-processi.
  2. Organizzazione di un gruppo multidisciplinare con tutti gli attori coinvolti nel processo oggetto di analisi, alcuni dei quali possono essere coinvolti solo per la parte di analisi che li
  3. Organizzazione di un incontro per analizzare il processo a partire dalla descrizione delle fasi del processo, cercando di descrivere ogni fase in maniera Per ogni fase del processo, elenco di tutte le possibili modalità di fallimento inclusi i problemi rari e di minore entità. Quindi procedere all’identificazione delle possibili cause relative a ciascuna modalità di fallimento.
  4. Per ciascuna modalità di fallimento individuata, fare assegnare al gruppo un valore numerico su una scala da 1 a 10 per la frequenza dell’evento (dove 1 rappresenta una bassissima frequenza, 10 altissima), la gravità delle possibili conseguenze (dove 1 rappresenta 1 bassa gravità, 10 altissima) e la probabilità di identificare il fallimento da parte degli operatori (dove 1 rappresenta una bassa probabilità di identificazione, 10 una alta);
  5. Calcolo dell’l’IPR per ogni modalità di fallimento, moltiplicando il punteggio della frequenza (F) per la gravità (G) e per la probabilità di identificare (I) il fallimento da parte degli operatori: “IPR= (FxGxI)”. Il range dei possibili risultati del calcolo vanno da un IPR pari a 1 ad un IPR pari a 1000.
  6. Definizione di piani di miglioramento, a partire dalle modalità di fallimento che hanno totalizzato un punteggio IPR più elevato e pertanto richiedono interventi

Nella fase pilota gli operatori del centro GRC esperti in analisi di sistemi sanitari con metodologia HF/E (Human Factor and Ergonomics) in collaborazione con operatori esperti in nutrizione clinica e NPD hanno portato avanti una pre-analisi del percorso di NPD allo scopo di identificare uno schema generale delle fasi del percorso. Lo schema è stato successivamente validato con gli operatori di tutti le zone coinvolte nell’analisi proattiva in modo tale da diventare lo schema di riferimento su cui poter confrontare i diversi punteggi di indice di priorità di rischio.

Tab. pre analisi

Tab. pre analisi

Risultati

Di seguito (tab. 1) sono riportate le fasi del percorso con i punteggi IPR di tutte le zone e sotto-zone. I riquadri rappresentati in rosso (vedi legenda) fanno registrare un valore degli IPR superiori a 300. Le aree in grigio corrispondono a fasi del percorso previsti dagli standard regionali ma non implementati nei percorsi di NPD analizzati.

Nelle zone 1 e 2 co-esistono aree che storicamente hanno applicato gli standard regionali volti a creare integrazione fra ospedale e territorio a partire dal 2010 con aree che hanno iniziato l’implementazione nei mesi precedenti all’analisi. Nella zona 3 al momento dell’analisi non erano in corso azioni di collegamento fra ospedale e territorio nell’ambito del percorso NPD

Tab. 1 – Visione sinottica dei valori di indice di priorità di rischio per zona, sottozona e fase

Tab. 1 – Visione sinottica dei valori di indice di priorità di rischio per zona, sottozona e fase
Indice di priorità di rischio

L’analisi di tipo proattivo basata sul metodo FMEA ha messo in evidenza una forte variabilità nei livelli di sicurezza percepita dagli operatori dei percorsi NPD osservati. Gli operatori ritengono più sicuri i percorsi in cui è attiva una forma integrata e consolidata di organizzazione del percorso NPD. Come emerge dalla tabella sinottica (tab. 1) gli operatori dei team nutrizionali che operano in aree con un percorso non consolidato (sotto zone di tipo B) avvertono la necessità di azioni immediate per il contenimento del rischio ed esprimono pertanto punteggi elevati in tutte le fasi cruciali, dalla valutazione, alla prescrizione e alla somministrazione. L’analisi effettuata mostra come il percorso di NPD previsto dalla delibera 580/2010 della Regione Toscana consenta di minimizzare i vuoti assistenziali, i punti di rischio e le criticità insite in un modello frazionato, garantendo allo stesso tempo dei servizi ad alto standard qualitativo e di sicurezza. Un percorso strutturato e integrato se valorizzato riesce inoltre ad aumentare la consapevolezza degli operatori sulle fasi potenzialmente critiche, a minimizzare i rischi di ricoveri inappropriati e a garantire una corretta allocazione delle risorse per la sostenibilità del SSR.

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11° Rapporto - Capitolo 12

Analisi proattiva sulla percezione di rischio nel percorso di nutrizione parenterale domiciliare in Toscana