Storicamente, i tre pilastri che sinergicamente si integrano nel trattamento del cancro sono rappresentati dalla chirurgia, dalla radioterapia e dalla chemioterapia. La qualità delle prestazioni di ciascuna di queste modalità ed il loro corretto coordinamento è di vitale importanza per il raggiungimento dei risultati. La radioterapia è una componente indispensabile, utilizzata in circa il 60-70% degli ammalati. A causa del rapido sviluppo tecnologico, e della disponibilità di nuove combinazioni con farmaci
target o immunoterapici, il suo fabbisogno stimato è però certamente superiore a questi valori, e destinato a crescere del 20-25% entro il 2020 negli US
[1].
La garanzia di qualità in radioterapia oncologica in Italia è regolata dal Dlgs 187/2000, che ne affida la responsabilità al medico radioterapista; tuttavia, questa legge non definisce alcun tipo di indicatore di qualità che debba essere utilizzato per supportare le metodologie più idonee ad assicurarne il controllo ed il miglioramento continuo. Per i malati di cancro, il National Cancer Institute
[2] definisce la qualità di cura come “l’offerta di servizi basata sull’evidenza, centrata sul paziente in tutta la continuità di cura in modo tempestivo e tecnicamente competente, con una buona comunicazione, condivisione e sensibilità, con l’obiettivo di migliorare gli
outcomes clinici, come la sopravvivenza e la qualità di vita”. La complessità della qualità delle terapie oncologiche è impossibile da misurare senza affidabili indicatori per valutarne le varie componenti, che sono suscettibili di continui mutamenti nella pratica clinica quotidiana. In tal senso, la garanzia di qualità non può essere limitata ai pur importanti aspetti clinici e tecnici del trattamento radioterapico, ma deve includere anche quelli organizzativi e strutturali. Abbiamo dunque tentato di identificare dei possibili indicatori che potrebbero misurare, meglio di altri, il complesso
workflow che sta dietro alla indicazione, pianificazione ed esecuzione di un trattamento di radioterapia. Per questo scopo, rifacendoci al modello di Donabedian (1988), abbiamo suddiviso gli indicatori di qualità nella pratica clinica
[3] in tre categorie: struttura, processo e risultato.
Gli indicatori di
struttura analizzano aspetti che includono risorse materiali ed umane, con particolare riguardo alla dotazione tecnica, alle caratteristiche organizzative e allo
staffing dei Centri di radioterapia. In questa ottica, abbiamo individuato come indicatori il numero di pazienti trattati per radioterapista oncologo e per unità di trattamento, distinguendo tra la complessità del trattamento ed il tipo di tecnica utilizzata (radioterapia a fasci esterni o brachiterapia), parametri questi comunemente utilizzati nella maggior parte degli studi sugli indicatori di qualità. Tale modello si basa principalmente su dati di serie chirurgiche che hanno mostrato risultati migliori nei centri con volumi maggiori di pazienti
[4]. Tuttavia, la qualità delle apparecchiature ed il loro livello di obsolescenza può avere un impatto critico sulla operatività e sul corretto funzionamento di una struttura; pertanto, abbiamo ritenuto di introdurre la computazione delle interruzioni a causa di guasti tecnici – con conseguente rinvio o dilazione del programma terapeutico – quale ulteriore possibile indicatore di struttura. Inoltre, da un punto di vista organizzativo, poiché la condivisione multidisciplinare del percorso diagnostico-terapeutico è espressione di ottimizzazione e qualità della cura, andrebbe sempre valorizzata la quota di pazienti valutati in questo ambito. Infine, poiché i reparti di radioterapia non sono disponibili in tutti gli ospedali, l’accesso del paziente alla struttura può risultarne penalizzato, o significativamente differito, con un possibile impatto negativo sull’esito della terapia. Dunque è importante valutare l’accessibilità del servizio, e predisporre strategie di pianificazione regionale e nazionale finalizzate ad analizzare e definire la sostenibilità del miglioramento tecnologico, e l’acquisto di nuove apparecchiature (fermo restando l’obbligo di disporre di almeno 2 acceleratori lineari per centro, o di convenzionarsi con altre strutture in grado di garantire la prosecuzione del trattamento in caso di fermi prolungati secondo il modello
hub and scope). Le caratteristiche strutturali sono importanti per fornire una buona cura, ma non garantiscono qualità per sé, rendendo la correlazione tra qualità e prestazioni più virtuale che reale.
Gli indicatori di
processo misurano ciò che viene effettivamente fatto, ovvero quelle attività svolte dal radioterapista oncologo per decidere, pianificare e somministrare un trattamento, rispecchiando così il funzionamento interno di una organizzazione nella gestione del
workflow clinico. Questi indicatori sono spesso basati su dati provenienti da trials clinici e principalmente focalizzati su cosa viene fatto, e come, e permettono di mettere in atto pronte risposte adattative. Data l’influenza che i processi hanno sulla qualità del servizio finale, e che spesso sono considerati le migliori misure di qualità
[5], abbiamo valutato la capacità di rispondere alla richiesta di radioterapia utilizzando indicatori quali il tempo di attesa e quello necessario alla preparazione e pianificazione del trattamento. Tra gli indicatori di processo, è possibile anche annoverare la dose appropriata somministrata con radioterapia a fasci esterni, l’utilizzo della brachiterapia nel carcinoma della prostata, i trattamenti con radioterapia ad intensità modulata nei tumori del distretto cervico-cefalico, la % pazienti candidati a ricevere radioterapia stereotassica extracranica, la % delle verifiche eseguite durante tutto il trattamento e quella dei pazienti con carcinoma rettale che ricevono radioterapia neoadiuvante, o infine la % di ri-trattamenti. Dal momento che la durata del trattamento è un fattore che influenza sia il carico di lavoro di un centro sia la qualità di vita dei pazienti e dei
caregivers, la realizzazione e l’ottimizzazione di protocolli di trattamento ipofrazionati dovrebbe sempre essere tenuta in considerazione quale possibile indicatore di qualità, almeno per quei tumori dove vi è una ampia evidenza che ne supporti l’adozione nella pratica clinica corrente, quali quello della prostata e della mammella. Infine, guasti e malfunzionamenti possono anche comportare ad un incremento del carico di lavoro. Dunque, suggeriamo di introdurre quale ulteriore indicatore, la % di pazienti che devono essere riprogrammati, con conseguente protrazione del tempo di trattamento, ad eccezione di quei casi in cui la ri-pianificazione avvenga per la necessità di adattare l’irradiazione a eventuali modificazioni del tumore in corso di terapia.
Gli indicatori di risultato misurano l’effetto delle cure ricevute dai pazienti sulla loro salute e il loro livello di soddisfazione. In questo modo, viene attribuito un valore considerevole al tasso di complicazioni e al grado di soddisfazione espresso dal paziente. Inoltre, tre altri indicatori indirettamente possono influenzare i risultati: la congruità della cartella clinica, che rispecchia i dati essenziali per impostare una corretta strategia terapeutica; il tasso di pubblicazioni del dipartimento, che sono espressione della capacità di analizzare criticamente i dati dei pazienti in trattamento; ed il numero di pazienti inclusi in studi clinici prospettici. Tradizionalmente, gli indicatori di risultato si concentrano sull’analisi dell’ effetto finale di una terapia (sopravvivenza e controllo di malattia); tuttavia, a causa della difficoltà nella raccolta di questi dati, del tempo necessario perché siano significativi (in caso di sopravvivenza a 5-10 anni), e della complessità legata alla partecipazione di molteplici fattori non direttamente correlati alla radioterapia, quali ritardi di diagnosi, chirurgia inadeguata, etc, abbiamo ritenuto che così come concepiti, essi non siano del tutto affidabili. Infatti, il pesante workload in un dipartimento di radioterapia rende spesso difficile raccogliere dati per questi indicatori, ma fortunatamente, oggi disponiamo di sistemi sempre più informatizzati – inizialmente concepiti per ridurre il rischio di errori ed attivare i relativi meccanismi di correzione – che sono stati successivamente implementati per consentire il corretto flusso di informazioni dalla fase di pianificazione a quella di trattamento, ed alla fine integrati ai sistemi che memorizzano dati demografici, di stadiazione, di prescrizione e di trattamento. Il supporto di questa rete informatica rende possibile una raccolta prospettica utile a disporre in modo rapido ed efficace di indicatori di qualità. La maggior parte dei dati utilizzati per ottenere degli indicatori può essere facilmente estratta da sistemi informativi disponibili nella maggior parte dei reparti di radioterapia, anche se in alcuni casi è necessario apportare alcune modifiche.
In conclusione, la complessità di un trattamento radioterapico, di cui il radioterapista oncologo porta la responsabilità complessiva, è dunque tale che a questa figura faccia capo il coordinamento di molte, diverse professionalità, ciascuna della quali concorre alla buona riuscita dello stesso. Il radioterapista oncologo ha quindi un ruolo più ampio rispetto a quello, sia pur fondamentale, connesso alla realizzazione tecnica del trattamento. Infatti, il Core curriculum europeo
[6] approvato da diverse Società scientifiche (tra le quali l’Associazione Italiana di Radioterapia e Oncologia clinica) indica chiaramente tra le necessità formative professionalizzanti del radioterapista oncologo l’attitudine alla collaborazione multiprofessionale e multidisciplinare. Gli indicatori proposti sono un punto di partenza per valutare ciascuna realtà e per impostare gli obiettivi di miglioramento individuale e collettivo. Questi indicatori possono essere utilizzati per classificare i servizi non solo in base al numero di pazienti e alle attrezzature installate, ma anche in base alla complessità delle tecniche utilizzate, e alla partecipazione a progetti di ricerca e ad attività scientifiche.
Note
1.
^ Simth BD, et al. The future of radiation oncology in the United States from 2010 to 2020: will supply take lace with the demand? Jornal Clin Oncol 201; 28: 5160-65.
2.
^ NIH. National Cancer Institute: The nation’s investment in cancer research: a plan and budget proposal for fiscal year 2004. Bethesda: U.S. Department of Health and Human Services, National Institutes of Health; 2002 (Publication No. 03-4373).
3.
^ Donabedian A. The quality of care. How can it be assessed? JAMA. 1988;260:1743–8.
4.
^ Ellison LMHJ, Birkmeyer JD. The effect of hospital volume on mortality and resource use after radical prostatectomy. J Urol. 2000;163:867–9.
5.
^ Brook RHME, Shekelle PG. Defining and measuring quality of care: a perspective from US researchers. Int J Qual Helth Care. 2000;12:281–95.
6.
^ Eriksen JG, Beavis AW, Coffey MA, et al. The updated ESTRO core curricula 2011 for clinicians, medical physicists and RTTs in radiotherapy/radiation oncology. Radiother Oncol 2012; 103: 103-108.